venerdì 20 agosto 2010

Viaggio verso il nulla — 10a e ultima puntata

La rivelazione

L'ultimo post di questo viaggio verso il Nulla è dedicato ai lettori.
Ho ricevuto vari commenti, anche se nessuno è stato espresso direttamente sul blog.

A qualcuno, una donna molto romantica, è piaciuta la storia d'amore tra la “lei” e il “lui” che dialogano. A un'altra è piaciuta la scrittura così diversa dal solito, molto evocativa e matura.
Gli uomini si sono limitati a complimenti generici sulla forma dei post.

La mia carissima amica Laura ha indovinato il piccolo tranello di una narrazione a più livelli, i cui protagonisti, forse eccessivamente umanizzati, altro non erano che i due aspetti della stessa personalità, l'Es e il Super-Io. Un Ego dialogante al proprio interno, che cerca diversi approcci alle grandi tematiche della vita, dal mistero dell'origine del tutto fino alle questioni più strettamente escatologiche.

Perché ho scritto tutto questo e per quale motivo ho utilizzato una forma così diversa dal solito?
Partendo dal secondo quesito, non è che il mio solito stile di scrittura mi faccia impazzire: troppo pesante, retorico, pieno di subordinate incastrate che rendono la lettura poco agevole e per nulla avvincente. Tutto parte da una scommessa fatta con me stesso e poi condivisa con altri: scrivere un libro, qualcosa di forte. Il titolo avrebbe dovuto essere “Mi uccido”, con una trama complessa e a lieto fine. Una sorta di diario tardo-adolescenziale in cui i malumori di una giovane l'avrebbero condotta a un percorso di purificazione dopo l'insana idea di togliersi la vita. Non è proprio il mio genere. Ho voluto provare comunque, scrivendo una sorta di “capitolo zero” e facendo ripetere lo stesso esercizio a una persona che sa scrivere decisamente meglio di me. La sua stesura è risultata nettamente superiore alla mia per forma e costruzione. Una lezione che mi ha convinto a desistere da questa impresa.
Successivamente, dopo la morte di mio padre e un generale ripensamento su alcuni aspetti della mia vita, ho deciso di scrivere con un approccio differente, trattando delle tematiche che mi stavano davvero a cuore. Ma si è trattato soprattutto di una scrittura curativa poiché ha dato sfogo ai dispiaceri più profondi del periodo più recente della mia esistenza. Insieme a un diverso atteggiamento nei confronti degli altri e ad alcuni chiarimenti che dovevo da anni a vecchie conoscenze, l'effetto terapeutico è stato efficace e si è protratto per parecchio tempo, fino a oggi.

Risultato: una scrittura più congeniale alla mia personalità per forma e temi trattati. Per non parlare di un “Ettore 2.0”, che a pochissimi giorni dai suoi quarant'anni, vive in maniera più completa e serena la propria vita, occupando questo minuscolo spazio sul Web. Che i miei 24 lettori, come diceva Manzoni, sembrano gradire.
Con la sola e non impercettibile differenza che Alessandro ne ha avuti almeno dieci milioni di più dei miei.

La fama dopo la morte?
Può attendere...





martedì 6 aprile 2010

Viaggio verso il nulla — 9a puntata

«Adorata amica mia, qui nel nulla vorrei da te un chiarimento, ancora una volta».

Lei lo guardò accennando un sorriso sapiente, pronta a rispondere a qualsiasi domanda. Dopo l'amore, argomento complesso e alquanto controverso, nulla sembrava spaventarla.

«Chiedimi pure...»

«Legato all'amore, mi piacerebbe che cosa pensi del desiderio. Se è vero che l'argomento riguardi soltanto me, peraltro in maniera negativa.»

«Ti sorprenderà non poco che questo stato dell'io mi tocca non poco. Non si tratta soltanto di un impulso, un'affezione. La lotta o la soddisfazione di ciò che a cui si anela ha avuto un vasto seguito nei filosofi del passato. Pensa soltanto a tutte le sfumature di significato che esistono tra l'atarassia e il più grande dei desideri.»

«“Il più grande dei desideri”? Alludi alla ricchezza, quella dell'onnipresente Re Mida in Topolino?»

«Sei sempre il solito pasticcione. Che c'entra l'oro con l'immortalità?»

«Già, chi non vorrebbe essere immortale? Non sarebbe triste veder morire figli, nipoti...?»

«Non divagare. Il desiderio fa parte di ognuno di noi. Dal sesso in giù, se vogliamo metterla sul piano della qualità.»

«Su questo mi trovi completamente d'accordo!»

«Non ne dubitavo. Anche se l'ideale è sempre superiore, mentre i bassi desideri dovrebbero trovarsi, appunto, un po' più in basso.»

Il suo sguardo mutò verso un'espressione di compatimento piuttosto che di sfida. Lei gli voleva bene, in fondo, ma su certi temi le loro opinioni divergevano non di poco. Ma il fatto di considerare il sesso come qualcosa di alto l'aveva sorpreso non poco.

«Non credere che il desiderio non possa rappresentarsi come sofferenza. Immaginalo come un'irrefrenabile compulsione a soddisfare desideri sempre più numerosi e vani, fino a diventare una vera e propria patologia. Pensa al Nirvana buddista come allo stato di liberazione del dolore e da qualsiasi forma di piacere. Non si sfugge, il desiderio è presente in entrambi. Come ci si arriva? Non ci crederai: tramite la realizzazione della... Vacuità del Sé»! E che cos'è la pace se non l'assenza di conflitto?

Ecco cosa dice un'analisi del Corano:

“Come tutti sappiamo, Allah (SwT) ha creato varie dimensioni in noi: da un lato abbiamo l’anima, la coscienza, la dimensione spirituale; e dall’altro Egli ha creato elementi di ira e desiderio in noi stessi.

“Ira” è il potere o l’elemento che ripugna qualsiasi cosa che crediamo nociva per noi stessi; e “desiderio” è il potere interiore che attrae qualsiasi cosa che percepiamo come benefica per noi. C’è una lotta costante tra l’anima, la coscienza e la ragione da un lato e i poteri dell’ira e del desiderio dall’altro. Tutte le nostre emozioni e desideri fisici possono esser classificati nelle categorie dell’“ira” e del “desiderio”».

«Una bella disanima, non c'è che dire. Ma io la faccio più semplice: tu vedi il desiderio come qualcosa di trascendente, di ideale. Io lo accosto più alla fame, alla sete, al sesso e perfino al consumismo compulsivo».

«Non c'è nulla che non vada in quello che hai detto. Ma devi pensare che le cose sono un po' più sfumate. Anch'io sono d'accordo con i desideri primari, diciamo così, sulla loro necessità. Ma non sono questi i più interessanti per la nostra ricerca, qui nel Nulla.»

«Ammetterai però che dall'appagamento sessuale o da una bella bevuta per calmare la sete trai beneficio anche tu, dolcezza.»

«Che ti succede, a forza di disquisire sul desiderio, ora ti vengono in mente strani pensieri»?

Il suo sguardo ora mutò in quello di un felino bramoso che voleva tirarla un po' in lungo per assaporare meglio al sua vittoria.

«Lo sai che sono una ragazza molto sensibile... E poi, il diavolo non è così brutto come si dipinge.»

«Hai detto... “diavolo”»?

«Stavo giusto pensando...»

Sapeva che quando lei iniziava una frase del genere, un nuovo progetto si sarebbe delineato di lì a poco. Meglio farla tacere.
L'abbracciò, la guardò da vicino, respirò il magico profumo dei suoi capelli. Un lampo negli occhi gli fece capire che aveva ottenuto il permesso di baciarla.
Le sembrava di volare nel mezzo di in una dolce tempesta, estasiata dal dolce sguardo ceruleo di lui. Sentiva che insieme erano davvero perfetti.


Fu il tuo bacio, amore, a rendermi immortale (Margaret Fuller).

mercoledì 31 marzo 2010

Viaggio verso il nulla — 8a puntata

«Amore mio, come va?»

«Prego?»

«Se non sono adatto io a chiamarti così...»

«Diciamo che puoi chiamarmi anche così.»

«Stavolta vorrei citarti un brano che ha dell'incredibile.»

No, mia moglie non ha età: viene dal nulla, viene dalla Bibbia, viene da un altro pianeta. Anch’io vengo dal nulla ma sono ancora nel nulla. Lei è la mia connessione con il mondo: non comunico con nessuno, non ho telefono, non ho computer.

[...]

Già. Dove l’ha trovata? P.
«Nell’oscurità. Non esco mai, ma una sera, nel 2002, ero con mia moglie a un cocktail parigino quando ho visto uscire dal buio, in compagnia di una coppia di amici gay, questa figura splendente. Me l’hanno presentata, l’ho baciata e ho detto — quanto a volgarità, sono un professionista — “È così triste vedere due gay con la più bella ragazza in città e sapere che non concluderanno niente”. Mi è rimasta stampata in mente la qualità della sua “luce”, anche se non ho preso iniziative: sono fedele, non imbroglio mai.

Io Donna, n.4, 23/01/2010, «Un giorno senza sesso è un giorno buttato. Incontro con il designer, Philippe Starck».

«Amore e Nulla: carino.
La parte sentimentale della tua irrazionalità mi affascina. Però sembri un bambino un po' ingenuo.»

«Tu sai che io prediligo la tesi per cui le azioni compiute in nome dell'amore trascendono la distinzione tra bene e male.»

«Però, cara mia, l'amore assume molte sfumature, è un sentimento. E che sentimento!»

«Fermo lì. Non ricordi più tutti i termini greci, tanto per fare un esempio, per la parola amore

«Agape, Philia, Eros, Himeros...»

«Dell'ultimo non avevo dubbio. Ce ne sono altri. Il più interessante mi sembra Anteros, l'amore corrisposto.»

«Non ne avrei dubitato. Però Agape è più affascinante. L'amore non corrisposto, quello incondizionato. Pensa a Dante e Beatrice, Laura e Petrarca. Il lieto fine è noioso, scontato. L'amore dev'essere passione, nel senso proprio di sofferenza.»

«Non certo per me. Preferisco andare sul sicuro. L'amore dev'essere attrazione, innamoramento e, quando proprio non se ne può più, quantomeno attaccamento.»

«Secondo me sei troppo influenzata dalla concezione cattolica dell'amore. Sai quelle cose sull'amore di Dio, la carità, l'amare il prossimo come se stessi...»

«E mi dici poco? Il cristianesimo è innanzitutto filosofia. E che cos'è la filosofia se non amore per la conoscenza, così come il cristianesimo può senz'altro definirsi una religione dell'amore.»

«Sento che potremmo banalizzare un sentimento così complesso in un dialogo così scontato.»

«Ma qui siamo nel nulla, amore mio, e nulla è scontato.»

«Sagapò!»

...
J'ai cherché dans l'amour un sommeil oublieux;
Mais l'amour n'est pour moi qu'un matelas d'aiguilles
Fait pour donner à boire à ces cruelles filles!
...

Charles Baudelaire, La Fontaine De Sang in Les fleurs du Mal.

sabato 13 marzo 2010

Viaggio verso il nulla — 7a puntata

«Amica cara, visto che ti trovo in forma così smagliante, devo approfondire con te il concetto di “parola”».

«Vuoi andare sul difficile»?

«Perché, ritieni questo concetto così ostico»?

«Voglio farti un giochetto: lo sai che la parola assume significati enormemente differenti a seconda di chi utilizzi questo termine»?

«Per un linguista la parola è davvero tanto, ma per uno scienziato della comunicazione, chiamiamolo così, conta poco. O quasi».

«Sei sicuro che per il secondo la parola non ricopra una certa importanza» ?

«Il comunicatore sostiene che la parola non costituisce più del 7% del messaggio».

«Ci mancavano pure i numeri magici... In base a quale misurazione la parola non apporta più di quel tanto allo scambio di messaggi»?

«Non saprei, in effetti il numero è alquanto sospetto. Ma pare che la prossemica conti molto di più per comunicare che non il verbo».

«Sono scettica sul numero, non sulla quantità che esso rappresenta.
Ma fermiamoci un attimo. Hai detto “verbo”»?

«Oddio...»

«Sì, proprio Lui.»

«E se la chiamassimo “segno” O concetto, idea, monade?
Parola fonologia, ortografica...»

«Immagina la parola che cosa possa rappresentare per un fisico o un chimico.
Dev'essere un orribile forma d'onda, una squallida variazione di frequenze.
Per il chimico una banale operazione fonatoria».

«Ragazza, così mi distruggi la forza della parola in tutte le sue rappresentazioni. Dovresti avere maggiore rispetto per un concetto così vasto e trasversale».

«Vedi, caro, voglio dolo farti notare che la parola è seconda solo all'amore come concetto».

«Ah, quello...»

«Non quello che pensi tu. Ovvero, non solo quella parte.»

«La tua reazione è alquanto prevedibile, non trovi»?

«Non cambiamo argomento, anche perché la parola è fonte di guai, ma anche di qualche soddisfazione».

«Nel mio rapporto con gli altri la parola assume una grandissima importanza. Sono sicuro di poter superare quel fatidico 7%».

«Ricordi la storia del tuo rapporto con gli altri? Non credi di aver sopravvalutato troppo la parola in certi casi? O di non averne valutato attentamente tutte le conseguenze»?

«Che fai, ora, difendi il 7%»?

«No, certo. Sono stata io a parlare di un numero un po' troppo magico per non essere sospetto!
Tuttavia devo riconoscere che la parola potrebbe avere un ruolo più marginale di quanto non si pensi in certe situazioni.
Cionondimeno, la parola assurge più che mai a un ruolo di protagonista di portatrice di un messaggio nel confronto col prossimo».

«Non ti seguo più».

«Insomma, pur ammettendo che la comunicazione si fonda su un insieme di variabili, la parola è il cardine del messaggio. A una donna potrà piacere un complimento, ma dev'essere sincero. Ti piace come esempio?»

«Ti ho mai detto che amo Firenze»?

«Parola.
Amor (=Roma).
Firenze.
Dove vuoi portarmi»?

«A Roma, ovviamente!»

«Sei un adorabile folle»!

«Ti amo, tesoruccia»!

«Ti apprezzo, scalmanato»!

«Ehi, così ci scoprono...»


« Firenze è la gran maestra della parola. Là è il suo trono e la sua fama. E qual maraviglia che gli uomini di qualche ingegno, trovando insipida e invecchiata la parola, l'ornano, l'aguzzano, l'imbellettano, e, come dice il Filicaia, vi fanno intorno fregi e ricami?»

(Francesco De Sanctis)

mercoledì 10 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla — 6a puntata

«Amica mia, in molti vedono il nostro rapporto come ambiguo.»

«E lo è, a causa dei nostri diversi ruoli, direi opposti. Tu proponi, te ne vai per la tangente, provi sempre una via di fuga. E io ti faccio riflettere e, a volte, influisco sulle tue decisioni. Saggiamente, direi.»

«Sull'escatologia ti ho visto un po' debole.»

«Anch'io ho dei limiti, sai? In fondo io e te siamo un tutt'uno. Ma non siamo in grado di comprendere tutto. Anche se ci proviamo, specie qui nel nulla.»

«Vorrei cambiare argomento, visto che l'ontologia ha risolto solo in parte il mio dilemma.
Il rapporto del sé con gli altri. Questa volta scomoderei maggiormente la psicologia e la sociologia rispetto alla filosofia o alla scienza in genere.»

«Non farti troppe illusioni. L'ontologia incombe...
Inizierei dal fatto che la maggior parte dei problemi nei rapporti con gli altri scaturisce da un difetto di comunicazione.»

«Concordo. Ma devi riconoscere che non è semplice impostare in maniera oggettiva il rapporto con l'altro. Troppe variabili influiscono negativamente. Stiamo parlando di un sistema di valori che può tranquillamente essere definito caotico.»

«Qualcosa si può governare, più o meno. Esistono delle leggi, delle regole. Non funzionano sempre, ma sono un buon canovaccio col quale lavorare. Diciamo che la comunicazione applicata ai rapporti interpersonali possiede le stesse complessità della meteorologia.»

«Un sistema caotico, dunque.
Personalmente non riesco ad applicare sempre i dettami del bon ton nei rapporti con gli altri. Forse per la mia natura “centrifuga”. Spiegami meglio perché certe persone sono antipatiche e altre simpatiche. Io non sono sempre lo stesso?»

«Se fossi soltanto tu a decidere il comportamento umano, saremmo estinti da tempo.
Ti darò una notizia sconvolgente: non esistono persone simpatiche o antipatiche. Sono le percezioni degli altri che ci ingannano.»

«Questa è morale!»

«Niente affatto. Non se ti riferisci al significato religioso di questo termine. Forse il concetto filosofico di morale, insomma l'etica c'entra qualcosa.
Ma io mi riferivo alla teoria classica della comunicazione.»

«Questa da te non me l'aspettavo.»

«Il mio ruolo di “amica saggia” mi impone di riportarti sulla retta via, non ricordi?»

In questi momenti mi sembra di vedere che ti accarezzi i capelli, sgranando gli occhi che assumono una forma felina. Non posso che darti ragione.

«Fammi capire dove sbaglio.»

«Durante la trasmissione di un messaggio tra un emittente e un ricevente, avviene una codifica e una decodifica, una sorta di pacchetto che avviluppa il messaggio. E già questo può essere problematico. La decodifica potrebbe essere non conforme alla codifica, deformando il senso del messaggio. Per non parlare delle interferenze, quelle più potenti, insomma, i pregiudizi.»

«Siamo tutti pronti a scagliarci contro il pregiudizio. Eppure esso nasce da un'esigenza di pura necessità. Non potendo conoscere tutto a fondo e subito, cioè senza approfondimento, la mente affronta moltissime conoscenze tramite giudizi “prefabbricati”, proprio per contenere il massimo numero d'informazioni generiche. Non proprio inconfutabili, ma necessarie alla sopravvivenza. Una sorta di pericoloso compromesso per tirare innanzi nella giungla della vita.»

«Ottima analisi del pregiudizio.
Ciò non toglie che l'errore di percezione è la causa di tanti problemi tra le persone.
Occorre lavorare su se stessi. Non bisogna definire gli altri “simpatici” o “antipatici”.
È limitativo. E sbagliato.»

«Non è facile trattare con le altre persone in maniera efficace.
E poi come la mettiamo con l'analisi di tutte le cause...?»

«Credo che esista una scorciatoia, o almeno un escamotage.
Basta partire dal presupposto che ogni comportamento, per quanto errato, ha una sua ragione.»

«Per cui si perdona qualsiasi sbaglio a chiunque?»

«Non è necessario. Occorre però comprendere la situazione, il contesto in cui nasce un giudizio negativo.
L'interferenza, l'errore d'interpretazione e la mancata consapevolezza del contesto in cui questo nasce sono le tre cose che creano i maggiori problemi con gli altri.»

«Ti piace proprio la tripartizione dei concetti...
Piuttosto, spiegami meglio la consapevolezza, è l'unico punto di cui mi sfugge l'utilità nei rapporti con gli altri.»

«“...Nei corretti rapporti con gli altri”, vorrai dire.
Ti farò un esempio.
Una mia amica ti ha definito “oltremodo antipatico”, per riferire eufemisticamente il suo giudizio su di te che mi ha confidato qualche tempo fa.»

«Dopo quello che ci siamo detti, ha una percezione errata di me, devo dedurre.»

«Al tempo. Questa è solo la metà della medaglia. Anzi di una delle medaglie.
Stai compiendo un errore concettuale anche tu.»

«Ma se io sono la vittima di tale apprezzamento, quale errore ho commesso? Che cosa ho combinato per farmi percepire male?»

«Può essere, ma si tratterebbe di un fatto marginale.
Sbagli nel non comprendere il contesto in cui è maturato quel giudizio.
L'errore della mia amica in quanto tale va analizzato in separata sede e su parametri diversi, visto che lei ovviamente conosce il contesto in cui è nato quel brutto termine.»

«Quindi devo comprendere il contesto e dimenticarmi per un attimo di quello che dev'essere il suo presunto errore. E, di grazia, quale vantaggio dovrei trarne?»

«Se tu sapessi il vero motivo, o almeno quello che credo che sia, vedresti quella che definirei la sua mancanza di stima nei tuoi confronti sotto un'altra luce.
Senza scendere troppo nei dettagli, lei ha subìto un trauma causatole da un uomo. Immagina qualcosa di veramente scioccante Non so, un abbandono, una cocente delusione. O qualcosa di peggio.»

«Che cosa c'entro io in tutto questo? Come colleghi l'antipatia a me?»

«Tu c'entri poco. Rappresenti un simbolo per lei, quell'uomo che l'ha delusa. Ricollega lui a te, forse solo per un piccolo atteggiamento, la statura, gli occhi, una frase...»

«Ricapitoliamo.
Se ho capito bene, tutto è nato durante uno dei nostri incontri. Una mia frase, una qualunque, le ha ricordato inconsciamente quell'uomo che nel passato l'ha fatta soffrire. Probabilmente neanche lei stessa saprebbe spiegare con certezza come, ma all'improvviso mi ha definito “antipatico”, come se un meccanismo automatico avesse filtrato nella sua mente la sua percezione verso quel valore.
E io, pensando a tutto questo, dovrei sentirmi un po' meno offeso da questo fatto. Per di più, sapendo che si tratta di un errore di percezione della gentil donna corroborato da un contesto di una certa gravità, la mia coscienza dovrebbe essere più che a posto. Anzi, dovrebbe divenire pure simpatica a causa della mia empatia nei suoi confronti. »

«Hai compreso a fondo la questione.
Devi convenire che le cose cambiano parecchio se viste sotto questa nuova luce.»

Questa compagna di vita ha un terribile difetto, è sempre dalla parte della... ragione.

sabato 6 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla — 5a puntata

«Amica mia cara, qui nel nulla avrei tantissime domande da porti.»

«Lo sai che ti ascolto sempre.»

«Confesso che sono tentato di interrogarti su argomenti ostici. Su chi sia Dio, che senso abbia la vita e altre amenità del genere.»

«La mia risposta di deluderebbe, per questo, se fossi in te, passerei a qualcosa di più... terreno.»

«Prima di scendere a questioni su “me” o “a me-con-gli-altri”, c'è un pensiero fisso che mi tormenta.»

«Ovvero?»

«Voi donne siete strane, vi basta ce qualcuno tronchi una qualsiasi domanda in due parti, che subito v'incuriosite. Una volta capito questo trucco, è molto semplice conquistarvi.»

«Spero che non sia questa la domanda.»

«Non lo è.
Immagina per un momento degli uomini primitivi. In un film vedevo uno di questi cavernicoli che, alla vista dell'amico morente, si era calmato augurandogli semplicemente un buon viaggio. Meraviglioso! Quello che l'assisteva credeva in qualcosa, nell'aldilà, nella vita che continua dopo la morte. Come non rendere più sopportabile il nostro ineluttabile destino con questa semplice convinzione?»

«Che ragionamento profondo!»

«Siamo ancora alla metà della domanda.
Continuiamo a lavorare di fantasia. Come spiegare a questi uomini la struttura dell'universo finora conosciuta, la teoria del Big Bang, di come è nato l'universo e di come si evolve? Ti ci vedi a spiegare loro che cos'è un fulmine? O il rapporto spazio-tempo? Non capirebbero, ti rivolgerebbero delle domande assurde, inserendo dubbi su spiriti, stregoni e sortilegi. Sarebbe per loro uno choc e, probabilmente, non ci crederebbero. Eppure noi sappiamo quasi per certo che è stato il Big Bang a generare l'universo per come lo conosciamo. Certo non conosciamo chi o che cosa abbia scatenato questa reazione. Né sappiamo perché essa sia avvenuta.»

«Mi sembra chiaro, ma devo deluderti. È già accaduto che degli aborigeni incontrassero degli occidentali e ne assimilassero le conoscenze, anche se con una certa difficoltà.»

«Non ho ancora concluso la domanda.
Considerato che in effetti deve esistere una risposta a ogni nostra domanda su ciò che ancora non conosciamo, dovrebbe esistere una verità su come siano andate davvero le cose. In teoria potremmo sapere se Dio esiste, perché l'universo è “esploso”, che cosa sia davvero la materia oscura...»

«Arrivati a quel punto, forse potremmo far risorgere i morti, viaggiare nel tempo, curare qualsiasi malattia e, soprattutto, capire perché siamo al mondo...»

«Non correre. Resta il fatto che potremmo conoscere una volta per tutte la verità

«Secondo la mia impostazione di pensiero, la verità corrisponde alla realtà. Secondo la Bibbia la verità è incarnata da Gesù stesso. Credo che tu ti sia messo in un bel pasticcio.»

«Non credo. Mi riferisco alla verità dimostrabile. Quindi, al massimo all'epistemologia. E poi sai benissimo quanto preferisco la gnoseologia. Mi sembra che si presenti meglio.»

«Voglio reggerti il gioco. E se l'universo fosse eterno? O, al più, se un dio eterno avesse generato un universo, magari, questo, non eterno? Come ti poni nei confronti dell'eterno? Come potrebbe concepirlo la nostra mente? Sembra un concetto semplice, una cosa che non inizia e non finisce. Ma non c'è un solo esempio in tutto l'universo di una cosa eterna. L'eternità è un concetto metafisico del tempo, non si può né toccare né dimostrare. È perfino difficile da immaginare. Il tempo è finito per i fisici, infinito per i filosofi. Scegli tu da che parte stare.»

«Così mi confondi. Qui, nel nulla, niente sembra essere come dovrebbe!
Se l'ontologia è lo studio del fondamento di ciò che esiste, del come esiste, se è solo pensabile, se è costante, universale, accertabile, allora essa implica anche la ricerca del senso profondo di ogni essere reale. Ciò è anche attinente alla domanda sul senso stesso dell'esistenza dell'uomo che pensa e che si pensa. Ogni domanda intorno al “soggetto”, all'“oggetto” e la loro “relazione”, dunque tra “io” e “mondo”, è anche una domanda ontologica. Questo è l'anello di congiunzione. E converrai con me che in questa ricerca ci sta bene lo sforzo di comprensione fisica della realtà prima di quella metafisica. Forse c'è una risposta scientifica a tutto e quindi anche al senso stesso della vita.»

«Se così fosse, avresti appena ucciso metafisica e religione.»

«Ora stai esprimendo gli stessi timori di un religioso!»

«Dopo un'affermazione così sfrontata, ti do qualcosa da leggere. Forse ti chiarirà le idee. O tempesterà la tua mente di nuovi dubbi:

« La domanda: “Perché vi è, in generale, l'essente e non il nulla?” reclama il primo posto anzitutto perché è la più vasta, in secondo luogo perché è la più profonda, infine perché è la più originaria... per il fatto che questa domanda è la più vasta è anche la più profonda. “Perché in generale vi è l'essente...?” Chiedere perché è come chiedere: quale ne è la ragione, il fondamento [Grund]? Da quale fondamento l'essente proviene? Su quale fondamento si basa? A quale fondamento risale? »

Martin Heidegger, Introduzione alla metafisica

giovedì 4 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla — 4a puntata

«Carissima, credo di aver capito le regole del nulla. Ma ora devo capire chi sei tu.»

«Dovresti conoscere quella storia dell'Ego...»

«Spiegati bene, perché non si scherza con gli pseudo-sinonimi dell'Io

«Se proprio dovessi scegliere, preferirei inserirmi tra i tuoi Super-Io ed Es

«Allora, avrei davvero tante domande da porti. Dal senso della vita alla capacità di concepire il tutto. Dall'universalità, diciamo così, dell'essere umano alla morte. Qui si dovrebbe poter ragionare con calma, non trovi?»

«Stai riponendo troppe speranze su di me. Conosci tutti i miei limiti, ti ho sempre avvertito, ma spesso non mi dài ascolto. Prova a rilassarti, a sentire il tuo essere. Concentrati sul tuo corpo, ad esempio. stai bene, hai dei dolori?»

«Non direi. Ma sai, qui nel nulla...»

«Mi prendi troppo alla lettera, amico mio. Non fermarti al primo significato delle parole, cerca di scavare, di trovare dei significati profondi all'interno di ogni concetto.
Voglio fornirti un suggerimento: ti dice nulla la parola “metafora”?»

«Qualcosa... C'entra forse qualcosa il significato greco di “trasporto”?»

«No, in questo caso attieniti alla parola stessa, non a quello che potrebbe voler dire.»

«Cerco di capirci qualcosa. Diciamo che non sei propriamente tu a essere, o rappresentare, il mio Es. Sono io che credo che tu sia il mio Es. Questo potrebbe voler dire che sto parlando da solo?»

«Messa così, direi proprio di sì. Diciamo che sei tu a condurre il gioco. Io sono... un semplice quanto. Quello della fisica.»

«Geniale! Esisti, ma non ti vedo; ovvero, ti vedo dove credo che tu sia. Ma potresti essere ovunque, in più posti contemporaneamente...»

«Fermati alla penultima frase! Io sono reale, sono nel nulla, ma vengo rappresentata esattamente dalla tua percezione.»

«Siccome sto dando per scontato che non vuoi rispondere a domande troppo escatologiche, almeno potremmo tentare di capire come funzioni la mia mente.
Sarebbe corretto affermare che di te percepisco soltanto una parte del tuo essere che, forse, neanche esiste?»

«Diciamo che potresti sbagliarti molto sul mio conto. E sai perché questo accade? Perché credi reale tutto ciò che percepisci di una persona. Ma non è così. Il meccanismo di costruzione del proprio giudizio sugli altri è un'operazione di pericolosa interpolazione. Ci metti il tuo vissuto, applichi i filtri dei tuoi valori per disegnare l'essenza stessa di una persona. Spiacente, non basta vedere per sapere. Gli antichi Greci si sbagliavano, confondevano logica e conoscenza con quei sillogismi del cazzo. Il tutto per non dover inventare una nuova radice verbale.»

«E che cosa mi dici di γνῶθι σεαυτόν? Mi sembra che il greco antico non sia il tuo forte.
Lasciamo perdere la grammatica greca, ma restiamo sul conosci te stesso. Prima si conoscono gli altri, poi ci si guarda dentro. Lo sostenevano anche gli antichi filosofi.
In questo nulla sento di avere poche certezze: non ti conosco bene, forse non potrà mai accadere. E conosco me stesso meno di quanto io possa immaginare. Nel tuo caso è la percezione che filtra (male) la tua vera immagine, chiamiamola così. Guardando al mio interno, i dubbi aumentano e mi allontano ulteriormente dalla possibilità di poterti almeno percepire in maniera corretta.»

«Stai migliorando, complimenti.
Ma c'è qualcosa che ancora non mi torna. Non sei stato abbastanza convincente.»

«Forse mi stai percependo male...»

«Sei tu che sei voluto scivolare nel nulla per capire. Io non mi pongo certo questi problemi!»

«Così non mi aiuti.»

«Devo confessarti che la tua innata ingenuità ti rende, come dire, un tenerone!
La vita è dura, carino!
Posso farti una domanda?»

«Certo!»

«Che cosa credi che penserai un attimo prima di morire, ammesso che tu non abbia la fortuna di non accorgertene?»

«Ho un'idea chiara sul mio ultimo pensiero: “Che fregatura!”»

«Non male.
Certo che è difficile pensare alla morte perfino qui nel nulla.»

«Non è facile neanche parlare della vita, a quanto pare...»

mercoledì 3 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla — 3a puntata

«Stai notando, amica mia, che il nostro dialogo è alquanto ambiguo?»

«Sì, certo. in effetti si potrebbe pensare che io e te siamo in realtà la stessa cosa».

«O forse che tu sia una parte di me. Potrebbe sembrare piuttosto un monologo. O un dialogo interiore tra due parti di me. Una situazione schizoide».

«In realtà io esisto, tu lo sai. Posso concederti soltanto il fatto che io sono vera, ma che, forse, quello che sto dicendo, non è frutto della mia mente. Ma della tua».

«Così però mi metti in crisi. Questo dialogo ha bisogno di regole certe.»

«Ne conosci già una. Esisto davvero. Ma quello che affermo in questo dialogo potrebbe essere frutto della tua fantasia».

«E se così fosse»?

«Questo implicherebbe che io sia, in un certo senso, parte di te. La mia condizione di atarassica non mi consente di gioire di questo fatto.»

«Permettimi di essere scettico su questo punto».

«Ah! Ah! Questa l'ho capita un po' in ritardo!»

«Non farti pregare, cara, e raccontami un po' di questo nulla».

«Inizierei col fatto che qui non accade proprio nulla, né di bene né di male. A essere proprio pignoli, potresti non essere felice di tutto ciò che si dice qui. Potrebbe dispiacerti del fatto, ad esempio, che alcune risposte potrebbero essere diverse da come le immagini».

«Possiamo fare un esempio?»

«Chiedimi se ti voglio bene?»

«Mi vuoi bene?»

«Come parte di te, dovrei senz'altro rispondere di sì. Ma come ‘me’, la risposta potrebbe essere negativa. O comunque parziale».

«Parziale?»

«Certo, perché certe cose le vedi soltanto dal tuo punto di vista».

«Non ti seguo molto. Mi sembra una pièce di Ionesco».

«Indovinato. Il nulla è assurdo per la nostra mente.
L'assenza è sofferenza. L'amore presume la presenza del soggetto e dell'oggetto di questo sentimento».

«Mi verrebbe da dire che l'amore non esiste, come il nulla. Ma devi essere contraria a questa ipotesi»

«Va da sé che se l'amore presume la presenza. Non si può amare una persona inesistente. A meno che...»

«Fammi un esempio di un amore ‘inverosimile’».

«Ricordi la storia dell'amico immaginario? Be', si potrebbe pensare che tu possa amare una persona che in realtà non esiste. In vari modi. Magari proiettando un'immagine di una persona inventata su una reale. O, addirittura, amando qualcuno che non esiste affatto».

«Non ha senso».

«Prima non mi parlavi del teatro dell'Assurdo?»

«Touché».

lunedì 1 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla - 1a puntata

Amica mia, ogni sera scende su di me una sorta di maledizione.
Quando tutta la famiglia è al letto che dorme, spento il computer, messa a tacere la televisione, vado in bagno. In questa stanza un po' male in arnese ritornano i medesimi pensieri. Al primo crederai sicuramente: penso al fatto che mio padre sia morto. Sono passati poco meno di due anni, ma sembra che sia accaduto proprio ieri. Poi penso alla mia inevitabile fine, alla caducità delle cose, del mondo, dell'universo intero. Tu che ami i concetti escatologici dovresti trovarti a tuo agio e suggerirmi la tua opinione in proposito.
Ciò che invece ti sembrerà inverosimile è il terzo dei miei pensieri, che è rivolto a te. Già leggo lo stupore che dai tuoi occhi si allarga al resto del viso e a tutto il tuo corpo che s'irrigidisce: «Non ci credo». A volte mi capita di non credere ad alcuni eventi che sono realmente accaduti, che ho visto perché c'ero, ne ero il protagonista. Non è facile dar credito a qualcuno che sostiene di pensare a te ogni sera prima di andare a letto, in bagno, per giunta.
Tu che sai come fare, devi aiutarmi a capire. Provo a spiegare quello che mi accade. Non sono così convinto di pensare a te, amica cara, ma piuttosto sono convinto che sia tu al centro di questo momento. In effetti si tratta di una persona che non esiste, plasmata da una fantasia evocatrice e infantile. Che ha i tuoi occhi nocciola, i tuoi capelli sottili, il tuo incredibile profumo. E un sorriso... pericoloso. Sei inquieta, nervosa, tuttavia dotata di un notevole talento che definirei ‘visivo’. In greco il verbo ‘sapere’ si compone con il passato del verbo ‘vedere’. Tu... sai! Sei sempre più incredula? Posso solo immaginare quanto.
La tua capacità di vedere, inquadrare e comprendere qualsiasi situazione sfocia in una conoscenza e in un'abilità di cui tu stessa dubiti, non per modestia, ma per convinzione. Rifletto, chiuso in quel bagno dalle pareti beige, sul tuo potere, il tuo dono narrativo innato così fortemente evocativo. La tua diffidenza è la prigione della mia ossessione, la condanna più crudele. Sei una donna d'altri tempi, così lontana dal presente. Ti paragono spesso al vento, tanto presente quanto invisibile; mutevole e sferzante. Il vento porta sempre qualcosa, pioggia, neve, sereno, sabbia, caldo, gelo, grandine. È energia pura, è presenza che va verso l'assenza, casuale ma regolato da leggi superiori. Riempie il vuoto, porta a spasso le nuvole, fa arruffare il mare. Risuona cupo, anche se lui non emette suoni in sé. Assimilarti al vento è un accostamento talora pericoloso:

La calunnia è un venticello
un'auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar.
Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s'introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo
prende forza a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d'orror gelar.
Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un'esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l'aria rimbombar.
E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.


«Stai esagerando!»

Mi sembra di sentire la tua obiezione. Sei naturalmente portata a svilire il pensiero altrui perché sbagliato, obiettando frase per frase, soprattutto sulla logica sottostante al costrutto sintattico, su ciascun concetto. Il tuo relativismo annienta qualsiasi difesa. Hai sempre ragione. Riesci a illuminare le mie tenebre cognitive, mi conduci per mano verso la giusta strada. Non sono convinto, ma i tuoi assiomi non ammettono replica.

«È così, devi accettarlo».

So che non è vero, che esiste almeno un'altra spiegazione, ma so solo vederne la ragione senza essere in grado di esporla.

«Amica mia, dove siamo?»

«Siamo nel nulla. Paradossalmente», sostieni sicura del fatto tuo, «siamo; ma nel nulla, dove niente dovrebbe essere».

Hai ragione anche stavolta, anche se non potremmo; siamo finiti nel nulla, anche se in realtà, , non dovremmo essere. Non perché non dovremmo trovarci nel nulla, ma perché, una volta capitati in quella dimensione, il nostro essere dovrebbe cessare del tutto.

«Carissima, dal nulla non viene niente!»

«Bravo, ma credo che tu stia citando Hegel soltanto per compiacermi. Non ne voglio fare una questione ontologica, insomma non mi riferisco al non–essere, bensì a un non–luogo, das Nichts».

Fantàsia muore perché la gente ha rinunciato a sperare, e dimentica i propri sogni, così il Nulla dilaga, poiché esso è la disperazione che ci circonda. Io ho fatto in modo di aiutarlo, perché è più facile comandare chi non crede in niente.

Viaggio verso il nulla – 2a puntata

«Ora che si fa, amica mia?»

«Cretino, nel nulla non si fa nulla. Non si parla, non si ascolta, non si è».

«Quando m'incontrerai per strada, mi saluterai? Mi augurerai un buon anno? Una buona Pasqua?»

«Naturalmente».

«Mi sfugge la differenza tra il prima e il nulla».

«Vedi che sei ottuso! Stai confondendo la dimensione temporale con quella spaziale».

«Einstein non la penserebbe come te!»

«Ma che c'entra? Hai mescolato lo spazio col tempo! Senti, lascia perdere: è un paradosso. Insomma, ti saluterò, ti farò gli auguri, senz'altro. Ma è come se per me tu non esistessi. È vero che mi percepisci, ma quella è la parte sbagliata, diciamo il rovescio della medaglia».

«Questo nulla è un non-posto davvero strano. Le persone non sono più le stesse, cioè le vediamo, ma è come se non esistessero. Un buco nero».

«Come fai a spiegare tutto con le leggi fisiche? Per te potrei essere un ammasso cellulare, un insieme di protoni ed elettroni...»

«Preferisco bosoni!»

«Sì, va bene, come vuoi. Ma come la misuri l'anima? E l'ira? E il fatto che a me piace fumare tanto quanto a te dà fastidio? Con gli ormoni dosati mole per mole?
Devi entrare in un diverso ordine di idee. Non tutto può essere percepito, intuito e compreso. La verità è astratta come il nulla. Ti devi arrendere al fatto che io possa rappresentare per te un valore negativo. Anzi, il nulla.»

«Non puoi impormi un pensiero così idiota!»

«Quando sei a corto di argomenti, passi agli insulti».

«Il livello delle tue argomentazioni offende la tua intelligenza».

«Ancora con questa cosiddetta ‘intelligenza’! Parlami anche dell'amore, se hai coraggio! Devi accettare, te lo ripeto, i miei limiti».

«Questo nulla m'infastidisce. Non mi consente di seguire il filo logico dei tuoi ragionamenti».

«Possibile che sia così difficile da capire? Mi sopravvaluti, ma io sono diversa da come credi di conoscermi. Non mi conosci affatto. Nessuno mi conosce davvero. E non puoi fare nulla per cambiarmi, men che meno in questa dimensione».

«Il nulla corrisponde col concetto di ‘fine’?»

«Esattamente. Salutami, portami i tuoi auguri, come se lo facessi a tuo padre. Come se non esistessi più».

Ho appena scoperto che la mia amica ha il raro privilegio di cessare di esistere senza morire. Proprio il contrario della morte, in cui soltanto il ricordo della persona cara riesce a farla esistere ancora un po'. Tecnicamente si tratta di un suicidio al contrario.
Paradossalmente posso evocare una persona viva, come se fosse morta. Di solito si procede al contrario. Il ricordo la mantiene in vita e non importa se sia morta o meno.
Ho bisogno del suo aiuto, poiché il nulla non è del tutto compiuto. Deve riuscire a cancellare il suo ricordo, convincendomi che i miei pensieri sono inverosimili e sbagliati.
Deve diventare immaginaria.

Il viaggio all'interno del nulla si fa interessante.