domenica 26 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 8a puntata

Riga

Brutta fuori, bella dentro. Una definizione che è giustificata se si proviene dal porto. Riga risulta freddina, un po' grigia, soprattutto la parte rivolta verso il fiume Daugava. Appena ci si addentra nei vicoli dalla pianta medievale i colori pastello delle facciate ci riconducono alla deliziosa Tallin. Certo che Riga è aspra, meno sublime della capitale estone. Sarà per la sua tormentata storia, punteggiata di invasioni spesso disastrose; o forse per le etnie che si sono succedute, dagli svedesi ai tedeschi, dai russi ai lettoni stessi. Fatto sta che lo stile delle sue costruzioni è moderatamente eclettico. Le chiese, come accade in tutta la Scandinavia, si presentano tanto imponenti all'esterno quanto povere di arredi al proprio interno. Le viuzze del centro sono poco tortuose — è difficile perdervisi — e lasciano scoprire poco a poco questa incredibile città. Superando il centro, si arriva in un bel parco cittadino, molto ben curato e con un verde da fare invidia. In generale strade e marciapiedi sono pulito, a posto, quasi lindi. Un lettone in vacanza non distinguerebbe un centro storico italiano da una casba.
Riga è sospesa tra il fiabesco e il tetro. Anche in questo caso si nota che la città è “invernale”, poco avvezza alla luce, al sole; sembra essere rincagnata in se stessa, quasi a proteggersi dai lunghi, bui e freddi inverni scandinavi. Nonostante sia stata strapazzata dalla storia, mantiene un suo modesto ma dignitoso aplomb. Un mendicante ci aiuta a scavalcare lo sconnesso gradino di una chiesa col passeggino. Non chiede nulla, o almeno non a parole. Lo sguardo misero implora una monetina, ma sottolinea che quel gesto lo avrebbe compiuto comunque. Forse è un consumato attore, ma la miseria dev'essere proprio malcelata.

sabato 25 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 7a puntata

Stoccolma

Se, come già detto, Helsinki è una città davvero bruttina, a Stoccolma tira tutta un'altra aria.
Più ampia, meglio organizzata, più viva. E piena di giovani.
Da questi canali comprendo il senso meteorologico della vita dei nordeuropei. Da noi, in Italia, ci si lamenta sempre, della pioggia, del sole, del caldo umido, del vento, della neve. insomma, di qualsiasi condizione del tempo. In Svezia si parla soltanto dell'inverno, come una sorta di inevitabile lungo tunnel da affrontare ogni anno. Il timore e il rispetto di questa stagione così avversa e buia è grande, soprattutto tra i giovani, che hanno avuto modo di conoscere climi diversi, migliori, nei loro viaggi. Dalle piccole cose si può notare l'esorcizzazione del buio invernale, come ad esempio gli onnipresenti faretti alogeni che costellano librerie, camere da letto, cucine. La casa svedese è illuminata da tante lucine, l' illuminazione d'accento è ovunque, non tanto per far luce, quanto per confortare con la sua presenza in ogni angolo domestico. IKEA propone anche a noi mediterranei i suoi scaffali butterati di faretti di ogni sorta, di legno chiaro e dal design arioso. Non sapendo che l'italiano preferisce il mobile sodo, scuro e, soprattutto, il risparmio energetico, visto che preferiamo installare le plafoniere nelle nostre abitazioni.
La visita al museo Skansen, un parco dove sono ricostruite le tipiche abitazioni svedesi conferma l'impressione già accennata: lo spazio abitativo svedese è essenziale, intimo, profumato di nobili legni, povero di grandi mobili, ma ricco di complementi d'arredo. La Svezia sembra essere composta dalle casette del presepe, almeno se vista dagli interni. C'è il raccoglimento del rifugio montano, la semplicità come valore assoluto e concreto. Ci sono delle ragazze in costume tipico che accolgono i visitatori di queste minuscole abitazioni. Entriamo in una di queste. Da almeno mezz'ora una ragazza era seduta dentro, in attesa degli ospiti. Ci guarda, sorride e abbassa gli occhi. La porta si richiude dietro di noi. Non c'era anima viva nei paraggi. Immagino la stessa scena in una qualsiasi città italiana: nessuna ragazza avrebbe accettato un lavoro del genere, se non per un centinaio di euro al giorno e una pistola d'ordinanza... Stoccolma dev'essere una città molto tranquilla.
La guida ci illustra il sistema sociale svedese, vantandone la convenienza per la pensione, l'assistenza sanitaria, le scuole. Da noi ci hanno provato e non ha funzionato un granché; per questo oggi abbiamo un welfare state misto pubblico-privato. Me ne rendo conto soltanto dopo aver sentito il lungo elenco di agevolazioni, convenzioni, gratuità a cui il cittadino svedese ha diritto. Mi chiedo se lo stravaccare italiano sia imputabile a motivi climatici, o forse religiosi, etici, storici, geografici, o chissà cos'altro. Perché a Roma non può accadere una parte di quanto succede a Stoccolma? Forse il lungo inverno fa in modo che gli svedesi si occupino della cosa pubblica, visto che tanto altro da fare non c'è? Loro sono efficienti, noi ci divertiamo?
Sembrano le stesse banali conclusioni a cui tanti giungono dopo un viaggio nella penisola scandinava. Eppure il contrasto è stridente, l'allegria mediterranea non sembra prevalere sul buon senso svedese.

Il cielo si libera delle nuvole, il vento resta teso e umido, i canali prendono una luce abbacinante ma quasi orizzontale.
Un giorno è troppo poco per comprendere Stoccolma. La promessa di tornare è solenne, magari d'inverno. Per capire, paragonare, arrabbiarci.

venerdì 24 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 6a puntata

Helsinki

Trovare una città più brutta di Milano è compito arduo. Eccola: Helsinki!

È davvero un luogo triste e senza un’architettura ben definita. Semplice da “utilizzare”, la capitale finlandese non brilla più di tanto tra le capitali europee, neanche tra quelle meno blasonate. Ci si muove bene, le indicazioni sono chiare, il traffico automobilistico ben disciplinato. I suoi abitanti sembrano delle brave persone, ma nulla di più. Ovviamente, anche qui tutti parlano un inglese più che accettabile. Fatto che, sommato al traffico ordinato, non basta a renderla complessivamente migliore della “capitale morale” italiana.

In poche ore non possiamo decifrare molto dei finlandesi. Il palazzo del governo è in puro stile stalinista: enorme, tetro, informe. E, fatto davvero strano, edificato quasi in periferia. Sulla strada del ritorno un autista di autobus si attacca al clacson perché l’auto davanti a sé non si muove. Forse perché è passata col rosso, si ritrova incastrata in un incrocio, nonostante lo scarso traffico. Quaranta secondi di strombazzata rovinano l’idea un po’ “scandinava” di Helsinki.

In mancanza di meglio, decidiamo di andare a visitare la “Chiesa nella Roccia”, così chiamata perché scolpita all’interno di una collinetta pietrosa. All’interno sembra una normale parrocchia di periferia di una qualsiasi città italiana, piatta e iper-moderna. Una pianista esegue dei brani che sembrano di genere liturgico. Sembra messa apposta per noi croceristi, un po’ come la banda che suonava nel porto di San Pietroburgo.

Ripartiamo per il centro della città. Facciamo un po’ di spesa in un supermercato posto in un piano interrato. Tutto semplice, carta di credito accettata, commesse disponibili ad aiutare questi poveri stranieri provenienti dall’Europa meridionale.

Gironzolando un po’ per il centro, visto che non c’è rimasto granché da fare, entriamo nella stazione ferroviaria centrale. Pur essendo in piena estate, ci accoglie con una zaffata di caldo umido impressionante. I finlandesi amano il clima estivo mediterraneo e cercano di riprodurlo nei loro ambienti per tutto l’anno, estate compresa. L’atrio è alquanto spoglio, sembra una metropolitana più che la Centrale della Finlandia. C’è un intenso e pacato via vai di persone. Nessuno sbuffa, niente gomitate o spallate, massima gentilezza prima di un possibile impatto col prossimo.

Uscendo all’aperto, una cornacchia appollaiata su un semaforo urla qualcosa ai passanti. Sembra proprio una persona, quei matti che ogni tanto si incontrano per le nostre strade. Qui soltanto agli animale è concesso il turbamento della quiete pubblica.

S’incontrano qua e là alcuni russi che devono trovare più convenienti e meglio forniti i negozi finlandesi. Si comportano in maniera leggermente sopra le righe rispetto alla media finlandese, ma, tutto sommato, sono quasi irriconoscibili.

I locali frequentati dai giovani hanno un’ambientazione un po’ tetra, notturna, direi. Forse per il fatto che la bella stagione si riduce al “bel mese”, magari per il buio invernale. I ragazzi non accennano a malapena a un sorriso quando chiacchierano tra loro, ma senza mai svaccarsi in fragorose risate o in gesti ampi. Sembra che stiano bene con se stessi, che sio accontentino del poco che hanno. Sanno benissimo che là fuori in Europa c’è un mondo variopinto e allegro. L’idea di “casa” deve avere la meglio perché è lì, calda, ben illuminata, rassicurante. Viene il dubbio che i finlandesi siano dei mammoni…Pubblica post

mercoledì 22 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 5a puntata


San Pietroburgo


Questa è la città più attesa, come se si dovessimo andare alla Roma della Russia.
Iniziamo il giro il mattino di un'estate quantomeno ingenerosa. Banchi di nebbia e una certa frescura fuori stagione non rendono particolarmente godibile la giornata.
Al di là delle puntuali descrizioni della guida, cerco di cogliere lo spirito della Grande Madre Russia di cui gli abitanti sono così orgogliosi. Gli edifici, pur essendo magnifici all'esterno, non danno, nel loro insieme, un'impressione fiabesca come a Praga. Né riesco a cogliere la perenne atmosfera del valzer di Strauss presente a Vienna. La meravigliosa giustapposizione di meraviglie che è presente a Roma qui è più diluita e omogenea. Forse Firenze o Parigi potrebbero somigliarle vagamente. La Russia è la fine dell'Europa, l'estremo limite orientale, il contrafforte che ci separa dall'Asia. San Pietroburgo è finnica, scandinava, francese, italiana e russa. Il suffisso -burg la rende anche un po' germanica, olandese per la precisione, visto che i suoi precedenti nomi (Pietrogrado e Leningrado) erano provvisori e dai suffissi un po' troppo “russi”.
Come tutte le capitali che si rispettano, un grande fiume, davvero immenso, l'attraversa ripetutamente. La gigantesca Neva viene solcata addirittura dagli aliscafi. È stata il crocevia di grandi traffici e la protagonista degli eventi tra i più significativi della storia moderna: quale città ha sacrificato ottocentomila dei suoi abitanti durante l'assedio tedesco dell'ultima guerra?
Anche qui i giovani sono i protagonisti della città. Sono davvero tanti, è possibile scorgerli ovunque a passeggio. Non è da qui che è iniziata la Rivoluzione d'ottobre?

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Se una parte dell'orgoglio russo consistesse nel vole stupire a tutti i costi il visitatore, l'Ermitage rappresenta la quintessenza della bellezza spettacolare e smisurata della Russia. Nonostante una visita “alla bersagliera”, sempre di corsa, intendo, una mezza giornata in questo museo è una goccia in un mare di bellezze da vedere. Forse non è neanche un museo, ma è qualcosa di divino per quantità e qualità delle meraviglie esposte. La visita particolare dei gioielli Fabergé conclude l'apoteosi di bellezza, di sfarzo sconfinato. Mai visti tanti e così stupende pietre preziose, la cui luce inonda l'occhio fino a farlo traboccare in un'estasi dei sensi degna della più potente delle droghe.
È difficile immaginare la schiera di operai, ingegneri, architetti, artisti di ogni disciplina al lavoro per costruire questa immensità; il via vai dei capolavori acquistati in tutto il mondo; la sistemazione nelle sale. Forse non esiste persona che possa conoscere tutto l'Ermitage, neanche vi studiasse per tutta la vita. Sarà per questo motivo che le ragazze russe incedono in maniera superba e aggraziata? Conoscono la loro storia, la magnificenza della Grande Madre che le ospita. La loro bellezza rispecchia la realtà che le circonda. O viceversa. Poco importa, perché tutto questo sarà soppiantato dalla Russia cafona e arricchita che pensa più al denaro che alle meraviglie conservate sulla sponda della Neva.
Il cambiamento è già in atto e qualche strascico dei ricchi bagordi è ostentato davanti al turista sigillato nel pullman dai vetri non abbastanza scuri da filtrare le sconcerie neo-capitalistiche russe.
Chissà che cosa ne pensa la Grande Madre...

martedì 21 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 4a puntata


Tallin

Piccola, silenziosa, giovane. Tallin si presenta in questo modo, in tre parole.

Prima di esprimere qualsiasi giudizio, devo citare il sito Gnocca Travels (http://xoomer.alice.it/gtravels/tallinn.html) a proposito delle fanciulle estoni:

« 1) [Le estoni] Sono fiche spaziali, tutte magre e alte. Prendetene dieci a caso ed almeno la metà sono da valutare tra l'otto ed il dieci, se proprio siete di gusti difficili. A volte nelle discoteche capita di vederne tanta, ma tanta e così perfetta, da non sapere da dove cominciare. E fin qui tutto bene.

2) Rovescio della medaglia: le Estoni sono le ragazze più ottuse e ostiche in Europa. In realtà tutti gli estoni, uomini e donne, non godevano fama di svegli nell'ex CCCP ed ora in Scandinavia e nel Baltico ci sono le barzellette sulle Estoni, come da noi ci sono sui carabinieri. »

Queste le premesse. L’Estonia è senza dubbio il paese della gioventù, bella e numerosa nelle strade di Tallin. Se gli uomini lasciano un tantino a desiderare in quanto ad avvenenza, almeno secondo i canoni italici, le ragazze sono davvero carine. Sono dovunque, in maschera o scollatissime per indirizzare — più che attirare — il turista indeciso sul da farsi. Dobbiamo sembrare dei ricconi, visti i prezzi praticati nei caffè all’aperto.

Alcune donnine in costume hanno la funzione di cartelli stradali viventi. Con un bel sorriso e lo sguardo un po’ lontano, informano e dirigono il flusso turistico. Una di queste ragazze fungeva da reggi-palo. Il suo compito era quello di sorreggere un alto cartello pubblicitario. Ogni tanto si spostava nelle strade adiacenti. Ma restava ferma col suo pannello. La versione orientale dell’uomo-sandwich. Chissà che non fosse una lap dancer di notte…

Dopo la ripida salita alla città vecchia, ci accoglie un insolito cartello: “WiFi”. La Silicon Valley d’Europa ci accoglie così. Più in là, un giovane con un computer portatile, cuffie e microfono sta tenendo una videoconferenza a cavalcioni su un muretto di un giardino pubblico. Immaginate che fine farebbe quel computer se fossimo in Italia.

Che testa questi estoni. Immagino che un bel giorno si sono riuniti in assemblea e sarà uscito questo ordine del giorno: “Non abbiamo nulla. Siamo pochi. Siamo poveri. I russi ci prendono in giro. Che cosa facciamo”? Dalla riunione quello che doveva essere un genio ha trovato la soluzione: “Usiamo quello che abbiamo, la testa. Facciamoglielo vedere, ai russi e a tutto il mondo”!

Grazie a un’ottima università e ai governi che hanno creduto nei talenti dei loro giovani elettori, gli estoni hanno messo in piedi un’economia ricca e innovativa, basata sui servizi piuttosto che sui prodotti, coltivando le proverbiali tre “i”. Informatica di altissimo livello, inglese fluente e imprenditorialità. Non saprei dire se le auto in Estonia costino poco; considerando l’alto numero di maxi-berline con targa “est” parcheggiate lungo le strade di Talllin, gli estoni non se la passano male. Oppure hanno un mucchio di rate da pagare.

L’architettura di Tallin è semplice e, come dire, astuta. Anziché giocare sull’imponenza o sull’estrema complicazione progettuale, gli urbanisti hanno previsto che le abitazioni avessero le facciate dipinte di accesi colori pastello. La città è deliziosamente decorata, anche se nulla di particolarmente notevole spicca tra gli elementi architettonici della capitale.

La zona nuova si apre con un centro commerciale molto elegante che contiene perfino un hotel al suo interno. I negozi sono frequentatissimi dai giovani che, forse, si sentono più vicini ai loro coetanei europei negli acquisti o soltanto a guardare le vetrine. Un cafone con l’auto sportiva e lo stereo a tutto volume non può mancare come elemento di arredo urbano in una città così autoreferenziale come sa essere Tallin.

Entro in un negozio di souvenir estoni in cui spiccano numerose matrioske russe. Alla domanda sul perché in Estonia si vendessero oggetti tipicamente russi, la commessa mi risponde in maniera deliziosa: “Abbiamo avuto un’influenza russa”. Non ho avuto il coraggio di contestare la scarsa sinonimia tra i termini “influenza” e “dominazione”.

L’estone è una lingua ugro-finnica. Non è slava, né tantomeno si scrive con caratteri cirillici. Già da questa diversità grammaticale è facile immaginare quanto i russi avessero in simpatia i loro sottomessi. L’Estonia stessa è diversa, dalle altre repubbliche baltiche e dalla stessa Europa orientale. A volte sembra che voglia assumere dei modelli più “occidentali”, spesso ne prende soltanto gli aspetti più deteriori.

Questo piccolo grande paese se la caverà, grazie all’informatica, all’inglese e, in special modo, a un antico e genuino buon senso, la vera grande ricchezza degli estoni, con buona pace delle recensioni di Gnocca Travels.

sabato 18 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 3a puntata


Il castello di Dover

Quella di oggi sarà una giornata piuttosto intensa. Dover di per sé non è un granché come città. Tuttavia, il castello è un bel posto da vedere, assolutamente da non perdere.

Un ampio parcheggio ci accoglie, ben tenuto e soprattutto gratuito. Troviamo subito un posto, forse perché stamattina i mattinieri — alle nove e mezzo! — sono davvero pochi.

Le strutture del maniero non conservano molto al loro interno. L’edificio è spoglio, mobili e suppellettili sono ricostruiti. Ci sono anche delle bizzarre installazioni sonore e visuali, a volte davvero bizzarre. Se si calpesta un tappeto, una voce urla: “Put away your feet from the carpet”! Alcuni suoni rievocano il tintinnio degli utensili esposti su improbabili tavolacci d’epoca.

Sul vasto prato antistante il castello è in corso una partecipatissima rappresentazione di un assalto di pirati, con attori in maschera e un cannone quasi a salve. Nel senso che spara davvero, fa un bel botto, ma i proiettili sono costituiti da erbacce ben compresse. Vista la gittata, meglio girare al largo dalla sua bocca.

Proseguendo nella visita, i tunnel medievali rievocano con cura l’antica atmosfera, tetra e umida, di questi luoghi angusti. La visita scivola velocemente per poi riemergere al sole e al vento impetuoso di questa bella mattinata.

La visita più impressionante resta quella alla cittadella sotterranea risalente alla seconda guerra mondiale, poco distante. È davvero impressionante la minuziosa ricostruzione dei vari ambienti: telescriventi, generatori elettrici, codificatori, suoni e luci che riportano ai difficili del conflitto. La grandezza e, paradossalmente, il senso di claustrofobia, ma anche i rumori un po’ sinistri delle macchine impressioneranno il visitatore più smaliziato. L’uscita sulla libreria fa dimenticare presto tutto il resto. Peccato che l’ospedale sotterraneo fosse già prenotato, visto che si trattava del comprensorio più importante. Gli svariati chilometri ancora da percorrere ci hanno fatto desistere dall’attesa del prossimo turno.

Stanchi e soddisfatti, ci attende l’imbarco sulla Constellation e la riconsegna dell’auto.

Dopo aver chiesto un’indicazione a una pattuglia della polizia,, l’agente squadra Francesca. Mentre mi spiega la strada, getta un secondo e più torvo sguardo nella sua direzione. Gli inglesi, prima di preferir parola, spera che li si comprenda al volo tramite il loro ricchissimo linguaggio non verbale. “Please, fasten your seat belt, ma’am”! Niente da fare, è una lingua troppo criptica. “Ah Francé, allaccia ’a cintura”!

Ora l’agente sorride, ma non troppo. Meno male che non ci ha fatto la multa.

venerdì 17 agosto 2007

Crociera Russia e Scandinavia — 2a puntata


Canterbury

Presa la statale A2 appena fuori dell’hotel, che si trova a Whitefield, sobborgo di Dover, Canterbury ci accoglie dopo soli venti minuti di viaggio. Un parcheggio a pagamento accetta le poche sterline che abbiamo.

Il centro storico è bello, essenziale, giovane. Le tappe da Marks and Spencer, Boots e Tesco ci consente di effettuare qualche spesa senza dover cambiare un euro. A prodotti pre-confezionati, improbabili per noi italiani, si alternano strani oggetti semi-commestibili, tra cui dei biscotti dolcissimi al cioccolato e del succo d’arancia concentrato: non provate a berlo senza averlo diluito in acqua!

La cattedrale dove Thomas Beckett – quello dei Canterbury Tales studiati a scuola – fu assassinato dovrebbe rappresentare una sorta di San Pietro inglese. Qui nacque l’anglicanesimo. È miserella. La sua cripta, buia e misteriosa, rievoca scenari medievali anche ai più scettici tra coloro che abbiano visitato luoghi del genere.

Il centro storico della cittadina è alieno rispetto alla cattedrale. Saranno stati gli incendi che hanno distrutto molto di quella che doveva essere la “Old England”, un paese davvero sfortunato a causa del fuoco. Basti leggersi la storia di Londra.

La disinteressata gentilezza dei suoi abitanti fa venir voglia di organizzare un giro dell’isola. Sarà per la prossima volta.

Crociera Russia e Scandinavia — 1a puntata


Da Milano a Dover

Sotto una pioggia "come dio la manda” un incidente stradale coinvolge cinque auto. Non avrebbe potuto essere altrimenti in un giorno così sfortunato per definizione. Ma l’autobus che ci porta all’aeroporto di Malpensa riesce a passare tra i rottami delle auto.

Disbrigate le pratiche di accettazione, caricati i numerosi bagagli (avendo sfruttato la massima capienza consentita), ci avviamo verso il gate della compagnia aerea EasyJet. Dopo una repentina corsa all’indietro per recuperare la cintura dei pantaloni dimenticata al posto di controllo di sicurezza, ci avviamo in mezzo alla pista. L’imbarco avviene in questa maniera, senza navette, visto che l’aereo era parcheggiato a pochi passi dall’uscita stessa. Spartano, ma efficiente.

L’Airbus 319 è nuovissimo, pulito e ben tenuto. Se non fosse per il cibo-spazzatura che a bordo si paga un bel po’, la compagnia meriterebbe ogni lode. Dopo un’ora di volo tranquillo, inizia la discesa verso l’aeroporto di Londra Gatwick, dove ci attende l’auto presa a noleggio.

Non è facile guidare a sinistra col volante dalla parte “sbagliata”; ma è divertente oltre che stimolante.

Le indicazioni stradali sono chiare. Gli inglese premono sull’acceleratore, ma si comportano in maniera generalmente educata sulla strada. Niente clacson, nessuno che s’improvvisi pilota di Formula 1, pochi “macchinoni” in giro, anzi quasi nessuno. I Cosiddetti SUV, “auto di utilità sportiva” qui non fanno presa. Le auto con targa olandese si distinguono per una guida “italiana”, ma il Kent non è certo il Far West di casa nostra. Francesca si ostina a non allacciarsi la cintura del sedile posteriore: riceverà presto un’esemplare lezione di lingua e comunicazione inglese.

L’autostrada è trafficata, scorrevole, un po’ noiosa. O forse civile. Sinonimi, per noi italiani. Nessun autogrill, niente pubblicità, poche e precise informazioni.

Arrivati in hotel, i documenti non servono, basta la carta di credito. Che verrà provvisoriamente addebitata dell’importo superiore al prezzo della camera. Gentili sì, civili pure, ma non si può certo affermare che gli inglesi siano fessi.

Il Ramada Dover sembra un motel a giudicarlo dalla costruzione a piano unico e dai gemiti della nostra vicina di stanza. Il personale è gentile, ma niente di più. L’Italia, penso, potrebbe ospitare il triplo dei turisti se sfruttasse la propria “verve” e, soprattutto, se migliorasse i propri servizi. Il letto è confortevole, c’è un ventilatore per le giornate più calde. Siamo in agosto, ma qui ci sono al massimo 19 gradi. Tira un vento molto teso.
Alle 16 c’è il tempo per fare un salto a Canterbury.

domenica 8 luglio 2007

Tre uomini in barca – Si parte

Capitan Mario non è più mattiniero dei due mozzi, Andrea e io. Alle 11.10 si salpa, decisi a vedere come si presenta il mare. Una pioggerellina composta da gocce simili a chicchi di riso ci accompagna fin fuori dalle maestose bocche di porto. Passa veloce una pilota, restiamo stupiti dalla potenza del suo motore. È l’imbarcazione a motore più affascinante, su questo punto nessuno dei tre ha niente da discutere. Faccio la guardia al timone mentre il Capitano e Andrea spiegano le vele. Siamo decisi a raggiungere Alberella, una località vicina alle foci del Po. Scrutati più approfonditamente il cielo e il mare, cambiamo improvvisamente idea e puntiamo la prua verso la costa dalmata, così, tanto per tentar l’impresa. Abbandoniamo la direzione nord e, mutevoli come il vento, facciamo rotta verso i 60 gradi Est-Nord-Est. Il vento, che soffiava dal quadrante nord-occidentale, ruota a Bora quando ci spingiamo qualche miglio al largo, scompigliandoci i capelli e accompagnandoci per un bel pezzo.
La configurazione vela più motore farà storcere il naso ai puristi dell’andar per mare in silenzio. Tuttavia, il tempo a nostra disposizione è scarso, per di più siamo in ritardo di dodici ore e lo spirito del viaggio resta piuttosto gitano. Ha inizio la “zingarata”. Se Eolo non ci assiste, Poseidonie è clemente, almeno per ora: il mare è grigio, rispecchia i nembi che ci sovrastano, ogni tanto si tinge di un azzurro cupo. È poco mosso, l’onda lunga sollecita poco il nostro appetito.
Quando abbiamo caricato le provviste sulla Lady Nova, gli sguardi dei vicini di attracco erano tutti per noi. Dapprima per la mutua solidarietà che coinvolge tutti coloro che vanno per mare e che non costituisce un’eccezione per i dipartisti.
«Salpate questa notte?»
«Non saprei», rispondo io, «dovremmo andare in Dalmazia».
«Ah, questo l’avevo capito. Dove andate esattamente in Dalmazia?»
Mi chiedo il motivo di tanta sicurezza del mio interlocutore sulla nostra mèta. Avremmo anche potuti essere diretti a Rimini, o al Conero oppure a Venezia. Il papà con bimba al seguito insiste:
«Partite questa notte, oppure domani?»
«Dipende dal tempo.»
«Papà, anche noi andiamo lì, vero?»
Taglio la conversazione nascondendomi dietro il ruolo di mero vivandiere e scaricando ogni onere decisionale su Capitan Mario. Né il papà, né la bimbetta avevano intuito che in quella partenza ardeva lo spirito zingaresco.
Altri dipartisti osservavano con lo sguardo di chi ne ha viste tante le vivande che imbarcavamo. Questa era una di quelle da aggiungere all’aneddotica da raccontare per far scompisciare dalle risate gli astanti. Per la cronaca, tre sporte di spesa contenenti ogni genere di snack dolce e salato, qualche albicocca, due casse di birra e altrettante di Bacardi Freezer, accompagnate da svariati superalcolici. Dimenticavo il gorgonzola, la bresaola e il salame da spalmare. Un bell’inizio, non c’è che dire.

In mare aperto l’onda lunga mette a dura prova il mio lo stomaco e quello di Andrea. Sperimentiamo l’effetto anti-nausea del Bacardi Freezer, ma appuriamo che esistono dei metodi migliori. Passiamo ai biscotti secchi: il mio stomaco e, soprattutto, il fegato ringraziano, quelli di Andrea si arrendono e decidono per una soluzione più radicale. Capitan Mario insegna ad Andrea a vomitare sottovento.