mercoledì 10 febbraio 2010

Viaggio verso il nulla — 6a puntata

«Amica mia, in molti vedono il nostro rapporto come ambiguo.»

«E lo è, a causa dei nostri diversi ruoli, direi opposti. Tu proponi, te ne vai per la tangente, provi sempre una via di fuga. E io ti faccio riflettere e, a volte, influisco sulle tue decisioni. Saggiamente, direi.»

«Sull'escatologia ti ho visto un po' debole.»

«Anch'io ho dei limiti, sai? In fondo io e te siamo un tutt'uno. Ma non siamo in grado di comprendere tutto. Anche se ci proviamo, specie qui nel nulla.»

«Vorrei cambiare argomento, visto che l'ontologia ha risolto solo in parte il mio dilemma.
Il rapporto del sé con gli altri. Questa volta scomoderei maggiormente la psicologia e la sociologia rispetto alla filosofia o alla scienza in genere.»

«Non farti troppe illusioni. L'ontologia incombe...
Inizierei dal fatto che la maggior parte dei problemi nei rapporti con gli altri scaturisce da un difetto di comunicazione.»

«Concordo. Ma devi riconoscere che non è semplice impostare in maniera oggettiva il rapporto con l'altro. Troppe variabili influiscono negativamente. Stiamo parlando di un sistema di valori che può tranquillamente essere definito caotico.»

«Qualcosa si può governare, più o meno. Esistono delle leggi, delle regole. Non funzionano sempre, ma sono un buon canovaccio col quale lavorare. Diciamo che la comunicazione applicata ai rapporti interpersonali possiede le stesse complessità della meteorologia.»

«Un sistema caotico, dunque.
Personalmente non riesco ad applicare sempre i dettami del bon ton nei rapporti con gli altri. Forse per la mia natura “centrifuga”. Spiegami meglio perché certe persone sono antipatiche e altre simpatiche. Io non sono sempre lo stesso?»

«Se fossi soltanto tu a decidere il comportamento umano, saremmo estinti da tempo.
Ti darò una notizia sconvolgente: non esistono persone simpatiche o antipatiche. Sono le percezioni degli altri che ci ingannano.»

«Questa è morale!»

«Niente affatto. Non se ti riferisci al significato religioso di questo termine. Forse il concetto filosofico di morale, insomma l'etica c'entra qualcosa.
Ma io mi riferivo alla teoria classica della comunicazione.»

«Questa da te non me l'aspettavo.»

«Il mio ruolo di “amica saggia” mi impone di riportarti sulla retta via, non ricordi?»

In questi momenti mi sembra di vedere che ti accarezzi i capelli, sgranando gli occhi che assumono una forma felina. Non posso che darti ragione.

«Fammi capire dove sbaglio.»

«Durante la trasmissione di un messaggio tra un emittente e un ricevente, avviene una codifica e una decodifica, una sorta di pacchetto che avviluppa il messaggio. E già questo può essere problematico. La decodifica potrebbe essere non conforme alla codifica, deformando il senso del messaggio. Per non parlare delle interferenze, quelle più potenti, insomma, i pregiudizi.»

«Siamo tutti pronti a scagliarci contro il pregiudizio. Eppure esso nasce da un'esigenza di pura necessità. Non potendo conoscere tutto a fondo e subito, cioè senza approfondimento, la mente affronta moltissime conoscenze tramite giudizi “prefabbricati”, proprio per contenere il massimo numero d'informazioni generiche. Non proprio inconfutabili, ma necessarie alla sopravvivenza. Una sorta di pericoloso compromesso per tirare innanzi nella giungla della vita.»

«Ottima analisi del pregiudizio.
Ciò non toglie che l'errore di percezione è la causa di tanti problemi tra le persone.
Occorre lavorare su se stessi. Non bisogna definire gli altri “simpatici” o “antipatici”.
È limitativo. E sbagliato.»

«Non è facile trattare con le altre persone in maniera efficace.
E poi come la mettiamo con l'analisi di tutte le cause...?»

«Credo che esista una scorciatoia, o almeno un escamotage.
Basta partire dal presupposto che ogni comportamento, per quanto errato, ha una sua ragione.»

«Per cui si perdona qualsiasi sbaglio a chiunque?»

«Non è necessario. Occorre però comprendere la situazione, il contesto in cui nasce un giudizio negativo.
L'interferenza, l'errore d'interpretazione e la mancata consapevolezza del contesto in cui questo nasce sono le tre cose che creano i maggiori problemi con gli altri.»

«Ti piace proprio la tripartizione dei concetti...
Piuttosto, spiegami meglio la consapevolezza, è l'unico punto di cui mi sfugge l'utilità nei rapporti con gli altri.»

«“...Nei corretti rapporti con gli altri”, vorrai dire.
Ti farò un esempio.
Una mia amica ti ha definito “oltremodo antipatico”, per riferire eufemisticamente il suo giudizio su di te che mi ha confidato qualche tempo fa.»

«Dopo quello che ci siamo detti, ha una percezione errata di me, devo dedurre.»

«Al tempo. Questa è solo la metà della medaglia. Anzi di una delle medaglie.
Stai compiendo un errore concettuale anche tu.»

«Ma se io sono la vittima di tale apprezzamento, quale errore ho commesso? Che cosa ho combinato per farmi percepire male?»

«Può essere, ma si tratterebbe di un fatto marginale.
Sbagli nel non comprendere il contesto in cui è maturato quel giudizio.
L'errore della mia amica in quanto tale va analizzato in separata sede e su parametri diversi, visto che lei ovviamente conosce il contesto in cui è nato quel brutto termine.»

«Quindi devo comprendere il contesto e dimenticarmi per un attimo di quello che dev'essere il suo presunto errore. E, di grazia, quale vantaggio dovrei trarne?»

«Se tu sapessi il vero motivo, o almeno quello che credo che sia, vedresti quella che definirei la sua mancanza di stima nei tuoi confronti sotto un'altra luce.
Senza scendere troppo nei dettagli, lei ha subìto un trauma causatole da un uomo. Immagina qualcosa di veramente scioccante Non so, un abbandono, una cocente delusione. O qualcosa di peggio.»

«Che cosa c'entro io in tutto questo? Come colleghi l'antipatia a me?»

«Tu c'entri poco. Rappresenti un simbolo per lei, quell'uomo che l'ha delusa. Ricollega lui a te, forse solo per un piccolo atteggiamento, la statura, gli occhi, una frase...»

«Ricapitoliamo.
Se ho capito bene, tutto è nato durante uno dei nostri incontri. Una mia frase, una qualunque, le ha ricordato inconsciamente quell'uomo che nel passato l'ha fatta soffrire. Probabilmente neanche lei stessa saprebbe spiegare con certezza come, ma all'improvviso mi ha definito “antipatico”, come se un meccanismo automatico avesse filtrato nella sua mente la sua percezione verso quel valore.
E io, pensando a tutto questo, dovrei sentirmi un po' meno offeso da questo fatto. Per di più, sapendo che si tratta di un errore di percezione della gentil donna corroborato da un contesto di una certa gravità, la mia coscienza dovrebbe essere più che a posto. Anzi, dovrebbe divenire pure simpatica a causa della mia empatia nei suoi confronti. »

«Hai compreso a fondo la questione.
Devi convenire che le cose cambiano parecchio se viste sotto questa nuova luce.»

Questa compagna di vita ha un terribile difetto, è sempre dalla parte della... ragione.

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