venerdì 12 agosto 2005

3. Carpegna: le mie vacanze. E le vostre.

Carpegna rappresenta per me il culmine di un’allegra e spensierata felicità infantile e adolescenziale. Sono stato un turista in questi luoghi fino agli anni Novanta, quando si è compiuto il processo di globalizzazione economica, politica e sociale che ha segnato un netto cambiamento di rotta nella vita di noi tutti. Anche i viaggi sono stati pesantemente influenzati da una diversa organizzazione della vita familiare, da una diversa percezione del concetto di “vacanza” e da una frammentazione del tempo libero dedicato alle ferie vere e proprie. Che si sono accorciate notevolmente per una serie di motivi che non sto qui ad approfondire.
Le mie vacanze a Carpegna hanno subìto vari cambiamenti nel corso degli anni. Dei primissimi anni non ricordo praticamente nulla. So solo che avevamo preso sistemazione in albergo e che la vocazione turistica di Carpegna era appena iniziata, sospinta dal sedicente miracolo delle campane della chiesa di San Nicolò.
Fin dai primissimi viaggi mio padre usava svegliare tutta la famiglia al mattino presto per partire con il fresco. Il viaggio era relativamente lungo, circa cinque ore. La scelta era quasi obbligata visto che non esisteva la superstrada “E45” né il condizionatore nelle auto. L’aria frizzante del mattino era ampiamente compensata dal caldo del dopo pranzo, ora in cui affrontavamo il viaggio di ritorno. Tutti gli italiani motorizzati partivano dopo la cena per far ritorno a casa, ma noi, inspiegabilmente, dovevamo essere sottoposti alla tortura della canicola ferragostana al suo culmine. Non riuscivo a capire il motivo che avesse spinto la mia famiglia a scegliere come data del ritorno proprio il 14 agosto. Perché ce ne andavamo quando tutti erano ancora in piena vacanza? In ogni caso la partenza mattutina era divenuta, nel corso degli anni, sempre più notturna. Un anno siamo partiti alle 3.30! Mediamente la sveglia oscillava tra le 3.30 e le 4.30. Ricordo benissimo l’eccitazione di essere svegliato praticamente in piena notte, le operazioni di carico della “128”, fedele mezzo che ogni anno ci conduceva a Carpegna. Percorreva in prevalenza quella strada, 100 mila chilometri in vent’anni. Preparavamo i bagagli circa un mese prima io e mia sorella; due “sole” settimane erano sufficienti ai miei genitori. Il porta-pacchi, dotazione quasi standard in quell’epoca, veniva montato un mese prima: quello era il segnale di preparazione per noi bambini. Salivamo in cima a un armadio della cameretta — adesso sembra incredibile anche a me! — e da lì cominciavamo a stivare i nostri effetti personali in cinque o sei sacchi di plastica chiusi uno dentro l’altro. Erano in sintonia con le valigie caricate sul tetto della “128”, che erano impermeabilizzate dalle sapienti mani di mio padre che si serviva di sacchi della spazzatura per portare a termine l’imballaggio. Legate con i tiranti elastici e con metri e metri di spago. A casa dei miei la corda non mancava mai, neanche adesso. Una volta caricata l’auto, accertato che le ruote posteriori avessero l’assetto divergente dato dal peso della vettura, si poteva partire. Autostrada fino a Orte e poi la strada statale, a tratti in salita. Che motore la 128, sempre abbondantemente sopra i 3000 giri, sempre con la marcia bassa che faceva urlare il motore, sempre con il piede a tavoletta! Mai un guasto, per fortuna. Sosta sempre allo stesso bar per una fugace colazione.
A Sansepolcro l’ansia di arrivare e la notte praticamente insonne si facevano sentire. All’improvviso, dietro l'ennesima curva, il cartello rassicurante, “Carpegna”. I nostri volti si accendevano, il cuore batteva forte. Scendevamo a razzo dall’auto e annunciavamo a tutti i nostri amici che eravamo arrivati. Il 26 giugno di ogni anno iniziavano le grandi vacanze, peraltro le uniche per noi. Altro che week-end alla SPA! I primi giorni ci ambientavamo al clima più fresco. Erano i più belli, i più... esotici. Il primo di luglio arrivavano gli amici di sempre e la nostra vita vacanziera aumentava d’intensità.
Soggiornavamo in un mini-appartamento che aveva un vasto giardino. Qui ho passato i più bei momenti della mia infanzia. Immaginavo che, una volta adulto, avrei lavorato in banca come mio padre e, soprattutto, avrei potuto venire a Carpegna ogni volta che lo volessi. I miei desideri sono stati esauditi, sia pure in una forma differente da come li avevo immaginati.
A circa otto anni mia madre, che restava sempre con noi mentre mio padre tornava al lavoro, ci sfiancava con lunghissime escursioni. Ho conosciuto così i principali sentieri di Carpegna e dei suoi dintorni più prossimi. Tutti i giorni camminavamo su salite tanto estenuanti quanto salutari. La sera non mancava la lunga passeggiata serale “di rifinitura”. Vi lascio immaginare la rapidità con la quale ci immergevamo nelle braccia di Morfeo...
Man mano che crescevamo, notavamo delle incongruenze nel carattere di alcuni abitanti di Carpegna. Qualcuno doveva essere invidioso di vacanze così lunghe che – a suo dire – non avrebbe potuto permettersi. Non sapendo che andavamo a Carpegna perché era il modo meno dispendioso di trascorrere le vacanze. E che loro potevano permettersi ben altro. Poco importava. I giochi diventavano sempre più “da adulti”, fino a scoprire il primo amore. Nel 1984 ero in estasi per una ragazza, in sua presenza sentivo un fuoco ardere dentro senza che ci fosse nessun altro motivo. Mi piaceva stare delle ore a parlare con lei, anche se non sapevo bene come comportarmi. Non ho mai confessato il mio innamoramento all’interessata. E tuttora non sa nulla, spero. Altri amori estivi sarebbero arrivati e di ognuno conservo dei ricordi nitidi e struggenti.
Durante l’adolescenza i nostri orizzonti si sono allargati oltre il paese, fino a Rimini. Partivamo con ogni mezzo per raggiungere il luogo del divertimento per eccellenza. Ma il ritorno a Carpegna era sempre piacevole.

Il mio diciottesimo compleanno, festeggiato con un imponente party carpegnolo, ha segnato una cesura tra l’era d’oro del turismo e l’inizio della decadenza del paese. Non che il periodo successivo non sarebbe stato felice, ma qualcosa si perdeva anno dopo anno. Innanzitutto le presenze si sono andate assottigliando sia numericamente che nella durata. Alcuni esercizi pubblici sono stati chiusi, uno per tutti la piscina comunale, grandissimo centro di aggregazione per tutti, giovani e famiglie. Adoravo quel posto, ci ho trascorso i momenti più felici della mia vita. L’ho perfino gestita per un anno. Ora è andata irrimediabilmente persa.
La pianificazione turistica degli ultimi quindici anni è stata improvvisata anno dopo anno, senza una strategia degna di questo nome. Se n’è occupato un ente che col turismo avrebbe poco a che fare: l’associazione degli esercenti. Il profitto anteposto all’etica, alla cultura e perfino al marketing turistico non è stata un’arma vincente. L’associazione è stata una montagna che ha partorito un topolino ogni volta sempre più piccolo. Tante occasioni sono andate perdute. La parabola discendente e poco gloriosa di Carpegna era appena iniziata. Del fiorente turismo d’un tempo oggi non è rimasto praticamente nulla. Il ferragosto 2005 conta pochissime presenze, un record poco invidiabile.
Tutto sommato preferisco che Carpegna non diventi un luogo di villeggiatura di massa. Non c’è certo pericolo che questo accada, a meno che non si scopra qualche giacimento d’oro. O che il campanaro fantasma si rifaccia vivo. Mi piace così com’è, tranquilla, quasi addormentata, in modo da godermi al meglio questi luoghi “segreti”. Se proprio il turismo dovesse rinascere, spero che sia di qualità, selezionato e attirato da eventi culturali, fosse anche la Festa della birra. Chi vivrà vedrà.

Non mi resta che augurare a tutti i lettori di questo blog quantomeno una piacevole gita a Carpegna. Se non una vacanza un po’ più lunga. I posti-letto liberi abbondano. Chiedete pure lo sconto, da quest’anno inizieranno a concedervelo.
E non partite all’alba!

1 commento:

il re del cono ha detto...

ciao,sono capitato per caso nel tuo blog e ho letto molto volentieri i vari articoli su Carpegna, localita' che conosco molto bene anche io. Sono di Rimini e ho adesso 34 anni, nei primi anni 80 abbiamo acquistato la classica seconda casa a Carpegna, un mini appartamento bilocale in quel complesso di due palazzoni che trovi nella via che dalla chiesa famosa va' verso la cantoniera. Ho passato diversi weekend a Carpegna soprattutto in inverno quando c'era la neve, mi sono ritrovato nel tuo racconto e le sensazioni erano simili, anche se per noi le vacanze a carpegna erano sempre un mordi e fuggi,spesso durante i week end. Magari la prossima volta ti racconto anche io qualche aneddoto carino, ciao a presto.

Lorenzo

www.lorenzopiccinini.it