Per il trentacinquesimo anno consecutivo sono in vacanza a Carpegna. Quest’anno sarò qui per due settimane, una durata notevole rispetto alle mie precedenti vacanze da dieci anni a questa parte. Ho dunque molto tempo a disposizione per raccogliere le idee e per descrivere al meglio “Tutto ciò che occorre sapere prima di arrivare a Carpegna”.
Per tutti coloro che ancora non lo conoscono, Carpegna è un paese che si trova nelle Marche settentrionali, in provincia di Pesaro e Urbino. Quella zona delle Marche è da sempre conosciuta come Montefeltro.
Tralasciando la storia antica dei borghi feretriani, sono qui a raccontare le cronache più recenti che riguardano Carpegna, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Cercherò di non citare per nome i carpegnoli, visto che non è inutile ai fini narrativi. Lo scopo è piuttosto quello di attirare l’attenzione del lettore, il quale potrebbe essere incuriosito dalla località e potrebbe anche visitarla. Per il resto i resoconto sarà libero da qualsiasi influenza “commerciale” e quindi obiettivo e qualche volta anche un po’ tagliente. Almeno spero.
È un bel paesone, disteso ai piedi del monte Carpegna lungo il versante meridionale, ben protetto dai venti freddi di Tramontana e di Bora e dal clima estivo decisamente asciutto. Una stazione climatica posta a 748 metri sul livello del mare, molto frequentata durante gli anni Settanta e Ottanta.
Il 1° novembre del 1970 si è verificato per almeno un anno un curioso fenomeno acustico: le campane del convento di San Nicolò sembravano suonare senza che si muovessero. Qualcuno ha gridato al miracolo, qualcun altro che ha cercato di indagare scientificamente il fenomeno è stato mal visto dalla popolazione. È stato sollevato un autentico “polverone”: tecnici, esorcisti, religiosi, giornalisti, radio e TV. Per un anno Carpegna è stata famosa per le campane che suonavano e che spaventavano i paesani. Ognuno percepiva il miracolo a modo suo: c’era chi sentiva il suono in un certo luogo e chi lo avvertiva a tutte le ore. Insomma diacronia e diatropia campanara, ma che aveva ben poco di... mistico. Infatti la Chiesa non ha concesso la patente di “miracolo” al fenomeno rimasto peraltro inspiegato, anzi ha messo tutto a tacere, anche le campane stesse, non permettendo speculazioni di nessun tipo. In quel miracoloso periodo sacro e profani si sono mescolati: poltergeist, micro-terremoti che assestavano il campanile, polarizzazione del suono (fenomeno scoperto solo pochi anni or sono), UFO, defunti arrabbiati, fantasmi, burloni, chissà cos’altro. Non tutto il male è venuto per nuocere. In quegli anni un numero sempre maggiore di italiani poteva permettersi la villeggiatura e qualcuno ha pensato che si poteva sfuggire all’afa estiva in un posto così ameno senza dover salire sulle Alpi e senza dover spendere una fortuna. Nasce così il vero turismo a Carpegna. Le campane hanno raprresentato il gong di avvio di floride stagioni estive: almeno un miracolo si è realizzato, quello economico. In paese, se vi va di cercare un po’, esiste una sorta di mausoleo dedicato a loro, alle Campane più famose del Montefeltro. Un disponibilissimo signore vi narrerà, meglio di quanto non abbia fatto io in questa rapida descrizione, tutte le cronache inerenti a quel periodo e ai suoni misteriosi, illustrando il racconto con vari ritagli di giornale dell’epoca. Non ho idea se abbia o meno un sito Web. È comunque una buona occasione per andarlo a trovare e per visitare il Montefeltro.
Fino alla prima metà degli anni Ottanta Carpegna era un paesino con delle case per lo più sparse in mezzo al verde. Una discreta speculazione edilizia è arrivata come una moda dalle grandi città, sia pure con quindici anni di ritardo e ha colpito. A volte duramente. Più tipiche dei Settanta le villette dallo stile eclettico, un grezzo liberty mitteleuropeo che ha ispirato geometri e architetti della zona. Improbabili tetti spioventi fino a terra con angoli degni della penisola scandinava, piante degli appartamenti a forma di stella, grandi vetrate in stile californiano, facciate dipinte di azzurro vivo, finestre a forma di oblò... Adoro il kitsch, mi piacerebbe poter acquistare una di queste abitazioni che sembrano fatte con i mattoncini di plastica. Le costruzioni conservano un gran pregio, non sono state costruite nella zona centrale del paese e hanno comunque conservato del verde intorno. I veri “mostri” sono arrivati negli anni Ottanta: i mini-appartamenti. Quando gli alberghi hanno cominciato a riempirsi di anziani in soggiorno climatico convenzionato, le tariffe delle stanze sono lievitate verso cifre non più sopportabili per le famiglie, che hanno iniziato ad affittare o ad acquistare i mini-appartamenti. La seconda casa andava di moda e Carpegna era, ancora una volta, una valida alternativa ai più blasonati luoghi di villeggiatura appenninici e alpini. Il paese si è ben presto riempito di casermoni grigi di appartamenti da affittare, più simili ai residence che non a dei condomini. Edilizia al risparmio in una zona mediamente sismica, pareti sottili e rifiniture ridotte all’osso. Ma i compratori non sono mai mancati. Alla fine del decennio, quando i terreni per costruire scarseggiavano, si è cominciato a edificare in posti ritenuti “sacri”, negli angoli più ameni e, teoricamente , da conservare. Verso i Novanta fino a oggi lo stile è divenuto più appropriato alla zona, nel frattempo divenuta parco regionale. La speculazione edilizia non è certo terminata, ma soltanto rallentata nella produzione e migliorata in qualità. I mostri restano in piedi, spesso disabitati perché qualcosa, come vedremo, è cambiato. I turisti sono quasi del tutto scomparsi. Il mondo intero è mutato. A Carpegna se ne sono accorti. Quindici anni dopo.
giovedì 11 agosto 2005
2. Carpegna: com’era, com’è. E come sarà.
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