mercoledì 10 agosto 2005

1. Carpegna: l'Italia profonda

Carpegna è uno di quei luoghi nascosti d’Italia che in troppi dimenticano di visitare. Le Marche non hanno nulla da invidiare alla confinante Toscana, eppure i turisti spesso preferiscono la prima, nonostante l’affollamento di quei luoghi. Quello che mi meraviglia è che i gitanti stranieri si fanno vedere poco da queste parti.

Prima di poter arrivare a Carpegna, da qualsiasi direzione si provenga, occorre affrontare svariati chilometri di curve e di tornanti. Se si viaggia durante il mattino presto, o al tramonto, non è raro vedersi la strada sbarrata da qualche animale selvatico: cinghiali, caprioli, volpi e più raramente lupi, tassi, barbagianni.
Il Montefeltro, la zona in cui Carpegna è situata, è costituito da un arcipelago di splendidi borghi costruiti nel verde, circondati da modeste alture o arroccati su speroni rocciosi, antiche sentinelle contro guerre e invasioni. Il paese non conserva un proprio centro storico se non nel palazzo della nobile famiglia dei Carpegna Falconieri. Questa costruzione in pietra arenaria, iniziata nella seconda metà del XVII secolo, si presenta come un imponente costruzione la cui forma ricorda vagamente un castello. Nel lato settentrionale c’è ancora un piccolo parco dalla folta alberatura, con tanto di casino di caccia. Di fronte esisteva una bellissima piazza con una fontana di roccia al centro. Esisteva perché è stata demolita quasi trent’anni fa per far posto a una spianata di cemento a terrazze pavimentata con un improbabile finto cotto e dotata di una sorta di fontane a forma di abbeveratoio per il bestiame. Negli ultimi anni è cambiato l’utilizzo della fontana, divenendo un enorme vaso di fiori. Sono andati persi il piccolo parco che arredavano la piazza, qualche albero e la bella fontana di arenaria, questa sì in tema con il palazzo prospiciente. La storia dell’abbeveratoio è poco gloriosa, direi una parabola discendente. È stato alimentato per qualche anno, successivamente è stato adibito a porta-rifiuti suo malgrado; infine dei fiorellini estivi hanno trovato posto al suo interno, come già detto. Per completare lo scempio sono comparsi dei lampioni globulari con lampade ai vapori di sodio dalla luce orribilmente fredda. Attualmente sono stati sostituiti da luci con una tonalità giallastra, con delle lanterne simil-antiche, anche queste piuttosto scadenti, ma sicuramente migliori dei globi. Ma dal risultato ottico e urbanistico decisamente mediocre.
Carpegna è importante per il suo territorio extra-urbano: fanno bella mostra di sé coreografici campi di grano, boschi di vegetazione mediterranea montana che si alternano a fitte abetine e pinete aromatiche piantate dai prigionieri austriaci della prima Guerra Mondiale per evitare che il franoso monte omonimo rovesciasse a valle pezzi di sé a ogni pioggia. Tutto intorno si snodano antichi sentieri che portano verso la Toscana e la Val Marecchia, il versante settentrionale del massiccio, spartiacque tra il Montefeltro settentrionale, la Val Marecchia, e la parte meridionale, la Val Conca. I toponimi delle vallate sono ripresi dal nome dei fiumi che le solcano.
Camminando verso uno dei sentieri che portano verso la provincia di Arezzo è possibile ammirare i due imponenti Sassi, il Simone e il Simoncello, rotolati milioni di anni fa dal mar Tirreno. Si tratta di due rilievi che rendono molto caratteristico l’orizzonte occidentale della vallata carpegnola, due enormi parallelepipedi calcarei che racchiudono dentro di sé dei fossili marini che incrostano le pietre che si trovano alle loro pendici. Un curioso progetto di Città ideale era venuto in mente ai Medici nel XVI secolo. Si tratta di una città-fortezza che sarebbe dovuta sorgere sull’altopiano del Sasso Simone a circa 1200 metri d’altezza sul livello del mare. Il rigido clima dell’epoca, conosciuta peraltro come quella della piccola glaciazione, non consentì di portare a termine l’opera.
Il monte Carpegna sovrasta tutta la zona, con le sue propaggini frutto di enormi cataclismi che hanno formato le altre alture: il monte Titano di San Marino; il maestoso monte Canale; l’imprendibile sperone di San Leo; il Ditone, singolarissima formazione calcarea; le migliaia di nudi calanchi. La cima del Carpegna è relativamente modesta (1415 m s.l.m.), ma sufficiente per godere di un panorama incredibile, che va dalle piattaforme petrolifere al largo del mare Adriatico alle più alte cime delle Alpi venete. Voltando lo sguardo a ovest, è possibile ammirare i contrafforti dell’Appennino tosco-emiliano, dal monte Fumaiolo alla grandiosa Alpe della Luna. Verso sud si stagliano il monte Catria e il monte Nerone, sempre riconoscibili, anche in caso di cattiva visibilità. Il monte Carpegna stesso è un bellissimo luogo verso cui recarsi per una piacevole gita. In inverno sono attivi gli impianti sciistici, ma le piste sono poche, mal tracciate e peggio tenute. Spesso sono sovraffollate e comunque il microclima della vetta non consente di sciare per molto tempo, né l’innevamento è persistente, ma affidato alle mutevolezze delle stagioni e a un piccolo impianto di innevamento artificiale. In estate e nelle mezze stagioni, invece, le gite in cima sono davvero belle. È possibile visitare l’eremo appena ristrutturato, che di notevole conserva il contesto in cui è inserita la piccola chiesa. A sinistra dell’eremo c’è un ristorante-rifugio che fino ai primi anni Ottanta andava avanti senza elettricità. Ricordo ancora i pranzi rischiarati dalle lanterne a gas, il prosciutto tagliato a mano, la piadina riscaldata con il fornello alimentato dalle bombole del gas. Oggi il locale è illuminato con i neon ed è un po’ meno rustico d’un tempo, ma resta comunque un piacevole luogo in cui ristorarsi. Accanto c’è una fonte d’acqua che scaturisce a pochi gradi di temperatura, caratteristica molto apprezzata in estate. Dall’altipiano del Carpegna è possibile incamminarsi verso la vetta vera e propria, passando per il Trabocchino dove termina un sentiero che parte da mezza costa del versante carpegnolo, in località Cippo, una pineta con una sorta di obelisco stilizzato risalente all’epoca fascista. Non è proprio necessario salire in vetta, visto che si tratta di un dislivello di un centinaio di metri, ma l’altipiano merita la passeggiata per la dolcezza del profilo delle sue balze. Che terminano con dei ripetitori radiotelevisivi, ormai immancabili su qualsiasi rilievo. A sinistra del Trabocchino parte un brevissimo sentiero che porta alla Ripa dei Salti, un’enorme frana calcarea che mette a nudo la scorza di cui è composta la montagna, con fratture che qua e là che formano delle curiosissimi solchi visibili anche nei sorvoli aerei più alti. Il panorama da questa parte è perfino più bello poiché la vallata che si apre ai nostri piedi ha un dislivello maggiore e maggiormente orientata verso l’Adriatico. Da sinistra a destra si può vedere la costa adriatica da Cervia fino a Pesaro e oltre.
Carpegna è sede di un parco regionale tutto da scoprire. E pensare che qualche anno fa gli agricoltori e i cacciatori carpegnoli hanno invaso il centro del paese manifestando coloritamente il proprio dissenso contro la nascita del parco. Qualcuno, che soffiava sul vento della protesta aizzando i più creduloni, ha fatto credere loro che i vincoli che sarebbero nati non avrebbero consentito di portare avanti le proprie attività di coltivazione e di caccia. Nessuno dei “protestanti” aveva fatto caso all’imbarazzante e quasi paradossale presenza del poligono militare all’interno di un parco regionale. Figuriamoci la rigidità dei vincoli che sarebbero stati posti con l’istituzione del parco... Qualche spiritosone si è pure armato di bomboletta spray e ha pensato bene di vergare su un muro di un tornante una frase del tipo: “Meglio la pineta che il parco”. Una minaccia, neanche tanto velata, che sarebbe potuto accadere qualcosa alla pineta se fosse stato istituito il parco regionale. Magari un incendio. Ovviamente tra il dire e il fare c’è passato di mezzo il mare. Un mare di chiacchiere. E, nonostante le minacce facete, il parco è nato. Soltanto un po’ sporcato dalla vernice di una bomboletta.

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