Descrivere che cosa sia la Dalmazia non è compito agevole. Siamo in Croazia, in Italia o dove? Korčula o Curzola? Spalato o Split? Brač o Brazza? In effetti la travagliata storia di questa parte d'Europa somiglia un po' alla storia di dominazioni che si sono succedute sul suolo italiano.
La Dalmazia è sicuramente una parte d'Italia, anzi di Venezia, che già dall'anno Mille dominava l'Adriatico. L'architettura dalmata rivela inequivocabilmente veneziana.
E proprio dai monumenti, dalle chiese, dalle piazze di Dubrovnik che parte questo viaggio in una sorta di macchina del tempo, che ci riporta ai fasti veneziani. Lo Stradun, lisciato ma intatto nei secoli, abbacina col suo candore antico e riecheggia le grida dei mercanti di allora come oggi le insegne al neon assolvono alla funzione pubblicitaria. Anche l'antica Epidauros ha vissuto le invasioni straniere: illiri, greci, romani, ottomani, veneziani, ungheresi, austriaci, francesi, montenegrini. A causa (o grazie) al terremoto del 1667, che la rase completamente al suolo, Ragusa rinacque dalle proprie rovina più bella che mai, ma sempre oppressa dal dominio straniero. Pensare che questo gioiello architettonico deriva dal suo antico nucleo, Ragusavecchia, (Cavtat in croato, che deriva, a sua volta, da Civitas vetus). Facile l'associazione Ragusa-Dubrovnik, Ragusa in Sicilia, Civitavecchia: tre città legate dal toponimo e dalla storia alquanto travagliata.
Passeggiare sul selciato bianchissimo e morbido di Dubrovnik è un'esperienza sensuale. Verrebbe voglia di camminare scalzi. Il piede sembra accarezzare la schiena perfettamente liscia di una donna sdraiata. Non solo gli arti inferiori sono distratti da tanta bellezza. È l'architettura pressoché perfetta di questa città-bomboniera che satura gli occhi del viaggiatore. Bifore, tetti, mura, strade, vicoli, balconi. Ogni elemento architettonico è perfettamente incastrato come in un gigantesco gioco di costruzioni per bambini. La materia e il disegno della ex-Ragusa le conferiscono un inestimabile valore. Difficile concepire quanto coraggio – o menefreghismo – abbiano avuto i montenegrini a bombardarla durante la guerra del 1992. Se la Serbia non ha avuto pietà per Mostar, figuriamoci che soddisfazione dev'essere stata la semidistruzione di Dubrovnik!
La città, racchiusa fra poderose mura, vive in una dimensione tutta sua, quasi che la sua storica autonomia sopravviva ancora in qualche modo. Le immancabili botteghe sono più discrete che a Spalato, i souvenir made in China non sono così copiosi da offendere la nobile grazia ragusana. Perfino l'invasione dei turisti viene arginata dalla cinta muraria, lasciando traffico e incroci congestionati all'esterno. Gli abitanti sembrano parlare sottovoce, non ci sono mestieri chiassosi o grida da mercato.
Sarà per l'umidissima afa estiva, ma l'atmosfera è sospesa in un mondo onirico. Una piccola Venezia asciutta, bellissima, ludica, dove a ogni passo si vive all'interno di un'esperienza sensoriale completa e multidimensionale. Una droga buona che riempie il cervello. L'opposto del kitsch delle architetture dei moderni centri commerciali, che cercano invano di replicare la superba magnificenza della piazza italiana, coi suoi negozi, i servizi, gli spazi pubblici.
Ragusa la Bellissima resta tuttora irraggiungibile.
lunedì 25 agosto 2008
Ancora in Dalmazia: Dubrovnik (Ragusa).
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